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Il cambio USD/JPY ha superato quota 150 raggiungendo i massimi di ottobre 2022. Quota 150 è la soglia che il governo giapponese considera chiave per decidere se intervenire sul mercato valutario a sostegno della valuta domestica. Lo scorso anno le autorità nipponiche erano entrate in azione per la prima volta dal 1998 con una potenza di fuoco di 9.000 miliardi di yen, pari a 60 miliardi di dollari. Il primo intervento fu effettuato in settembre in seguito al superamento di quota 145. Successivamente la Bank of Japan intervenne nuovamente in ottobre quando il dollaro arrivò a lambire quota 152 contro lo yen.
Il ministro delle Finanze Shunichi Suzuki ha dichiarato che “il governo sta osservando i movimenti del mercato valutario con un senso di urgenza”. Ciò induce a pensare che qualcosa stia per succedere. Da inizio anno lo yen ha perso circa il 13% sul dollaro americano, il che lo ha reso la più debole tra le 10 valute più importanti a livello globale. Tuttavia la volatilità storica settimanale dell’USD/JPY ha raggiunto ieri il livello più basso da dicembre 2019. Ciò non dovrebbe dissuadere il governo dall’intervenire a sostegno della propria valuta, secondo alcuni analisti.
USD/JPY: in arrivo la riunione della BoJ
Il rally dell’USD/JPY è determinato dalla divergenza tra le politiche monetarie delle Banche centrali giapponese e americana. La Bank of Japan insiste sull’approccio ultra-accomodante tenendo i tassi d’interesse negativi e mostrando una certa resistenza a modificare il controllo sulla curva dei rendimenti dei titoli di Stato. Viceversa la Federal Reserve ha un atteggiamento più rigido con l’obiettivo di riportare l’inflazione al 2%.
Il continuo indebolimento valutario però potrebbe spingere la BoJ ad apportare alcune modifiche alle sue posizioni già a partire dalla prossima riunione del 31 ottobre. L’intenzione del governatore Kazuo Ueda sarebbe quella di ridurre lo stimolo monetario portato avanti per molti anni dal suo predecessore Haruhiko Kuroda. Tuttavia dovrà farlo senza causare movimenti troppo bruschi dei mercati.
“La persistente debolezza dello yen mette sotto pressione la BoJ che deve decidere se alzare o meno il tetto per il controllo della curva dei rendimenti o se porre fine al tasso di riferimento negativo” ha affermato Koji Fukaya, membro di Market Risk Advisory a Tokyo. “Lo yen è probabilmente accerchiato per ora, con il rischio di intervento a limitare ulteriori svalutazioni e il divario di rendimento tra le impostazioni delle Banche centrali che impedisce una ripresa” ha aggiunto.
La gran parte degli economisti è convinta che la Banca centrale giapponese abbandonerà la politica dei tassi negativi nel 2024, come emerge da un sondaggio di Reuters realizzato tra il 17 e il 25 ottobre. Lo studio ha riportato che il 63% degli intervistati pensa a un rialzo del costo del denaro entro la fine del prossimo anno. Nello stesso sondaggio del mese di settembre, il 52% scommetteva per un cambiamento nel 2024; mentre ad agosto la quota era solo del 41%.
Per quanto riguarda l’incontro della prossima settimana l’attesa è a favore del mantenimento dello status quo: 25 economisti su 28 non si attendono modifiche nella politica monetaria. I restanti tre – rappresentativi di JPMorgan, UBS e Barclays – ritengono che la BoJ inizierà a ridurre la sua posizione accomodante. Per quanto riguarda il controllo della curva dei rendimenti, il 70%
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