Si chiama Archeoplastica ed è un museo che vuole sensibilizzarci all‘inquinamento dei mari a causa della plastica
Quanto tempo vive la plastica nel mare? Quanto tempo ci vuole per degradare? Dove è stata prodotta la plastica negli ultimi 70 anni? Queste sono solo alcune delle domande più frequenti quando si parla del problema dell’inquinamento da plastica nei nostri mari. C’è però chi ha cercato di dare una risposta concreta a queste domande.
Enzo Suma, guida naturalista di Ostuni e fondatore di Millenari di Puglia, è attivamente coinvolto con la sua associazione dal 2018 nella sensibilizzazione sul problema della plastica nei mari. Dal 2018 ha iniziato a raccogliere i rifiuti dalle spiagge di Brindisi ea stoccare tutte le bottiglie di 60 anni. E fu quando si imbatté per la prima volta nel difetto di fine anni Sessanta, una bomboletta spray con il coperchio posteriore ancora leggibile e il cartellino del prezzo in lire, che nacque l’idea dell’archeoplastica. L’obiettivo del progetto di Enzo Suma è quello di utilizzare i numerosi risultati raccolti per sensibilizzare sul problema urgente dell’inquinamento da plastica, in particolare plastica monouso, e promuovere così un uso più consapevole e responsabile, soprattutto nell’uso quotidiano. L’archeoplastica si sta sviluppando in diverse direzioni. La prima parte del progetto è stata la creazione di un museo virtuale, una piattaforma in cui i reperti possono essere visualizzati come se fossero dei veri e propri reperti museali. Il tutto grazie ad una speciale fotogrammetria, che riproduceva le immagini 3D dei rifiuti in modo da poterli vedere meglio in ogni dettaglio. È impressionante e inquietante quanto sia buono lo stato di conservazione, nonostante i decenni trascorsi in mare. La seconda parte del progetto, invece, creerà mostre itineranti nelle scuole e in altri luoghi pubblici dove sarà possibile mostrare dal vivo alle nuove generazioni tutto ciò che il mare ci restituisce.