(BorsaeFinanza.it)
Il rendimento dei titoli di Stato USA a 30 anni raggiungerà il 5,5%, ha affermato il re delle obbligazioni Bill Ackman. In un post su X, piattaforma ex-Twitter, l’investitore miliardario ha scritto che se si somma il tasso di interesse reale all’inflazione e al premio a termine, i Treasury Bond a lungo termine arriveranno a rendere così tanto.
Oggi i T-Note trentennali sono saliti ancora in termini di rendimento fino al 4,58%, dopo che ieri il ritorno è salito al livello massimo dal 2011. Ad alimentare questo incremento è stata la riunione di questa settimana della Federal Reserve, che ha annunciato che i tassi d’interesse rimarranno alti per un periodo di tempo più lungo di quanto si aspettava il mercato e soprattutto che i tagli nel 2024 saranno due e non quattro. Quanto è bastato per scatenare la reazione degli investitori, che hanno cominciato a vendere obbligazioni facendo crescere i rendimenti.
Per diverso tempo, tra il mercato e la Fed vi è stata una certa dissonanza, nel senso che gli operatori credevano poco ai messaggi dell’autorità monetaria di mantenere una politica monetaria estremamente restrittiva fino a quando l’inflazione non fosse tornata stabilmente al livello target del 2%. Ciò ha contribuito a tenere i rendimenti dei titoli di Stato USA alti ma non fuori controllo. Ora, i trader hanno realizzato che la Banca centrale americana fa sul serio e sembrano più rassegnati al fatto di dover sopportare tassi più alti per un tempo più lungo.
Titoli di Stato USA: per Ackman l’inflazione non tornerà al 2%
Ackman non crede che l’inflazione tornerà al 2%, con l’economia che è andata oltre le aspettative, la spesa per le infrastrutture alla base della crescita economica e dell’offerta di debito e le attese di una recessione spostate oltre il 2Pershing024. “Il tasso d’inflazione non si ritirerà per come vorrebbe il presidente della Fed Jerome Powell, non importa quante volte il governatore lo ribadisca come obiettivo”, ha detto. Il fondatore dell’hedge fund Pershing Square Capital Management precisa che quel target “è stato arbitrariamente fissato al 2% dopo la crisi finanziaria in un mondo molto diverso da quello in cui viviamo ora”.
A suo giudizio, le pressioni inflazionistiche deriveranno anche dagli scioperi del settore automobilistico, con i potenziali aumenti dei salari dei lavoratori. A Detroit infatti la situazione è molto tesa. Gli operai di Ford, General Motors e Stella
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