TIM: a KKR si affianca il fondo sovrano di Abu Dhabi

Di Redazione FinanzaNews24 3 minuti di lettura

(BorsaeFinanza.it)

KKR potrebbe trovare in Abu Dhabi Investment Authority (ADIA) un alleato prezioso nella sua offerta di 23 miliardi di euro per la rete fissa di Telecom Italia. ADIA sta valutando di acquisire una partecipazione della società di private equity o investire direttamente nella rete. Il fondo sovrano degli Emirati Arabi è uno dei più grandi al mondo e negli ultimi anni ha messo denaro ovunque, mostrando un certo appetito soprattutto per le infrastrutture in un’ottica di investimento di lungo termine. Tra l’altro, ha affiancato KKR quando ha investito in TIM. Il gruppo americano attualmente detiene il 37,5% di FiberCop, la rete secondaria di NetCo controllata da TIM per il 58%.

TIM: KKR è alla ricerca di un partner

KKR ormai ha l’esclusiva da parte di Telecom Italia nei colloqui per la vendita della rete fissa che permetterà alla compagnia di telecomunicazioni italiana di abbattere il debito, ammontante a circa 20 miliardi di euro alla fine del 2022. Così è stato deciso dal Consiglio di amministrazione di Telecom Italia il 22 giugno, dopo aver esaminato le varie offerte. Per molti mesi la gara ha visto confrontarsi l’azienda americana e il duo composto da Cassa depositi e prestiti e la società d’investimento australiana Macquarie Asset Management.

Alla fine l’ha spuntata KKR, in quanto ritenuta da TIM più affidabile in tema di esecuzione delle operazioni e della tempistica, oltre al fatto di aver presentato un’offerta superiore a quella dei rivali. Infatti, dopo una serie di rilanci, KKR è arrivata a offrire 23 miliardi di euro, suddivisi equamente tra debito equity, a cui si è aggiunta una parte di earn-out per 2 miliardi di euro. Mentre l’offerta di CDP e Macquarie si è fermata a poco oltre  21 miliardi euro, comprendenti una componente in cash (circa 11 miliardi), una parte in debito (intorno agli 8 miliardi) e il rimanente in earn-out (circa 2 miliardi).

L’esclusiva per KKR durerà per tutta l’estate, ma non oltre la fine del terzo trimestre quando bisognerà arrivare a un’offerta conclusiva e vincolante. I problemi potrebbero arrivare dal governo italiano che avrebbe preferito un controllo pubblico attraverso CDP di un asset che considera strategico per il paese. Ad ogni modo, lo Stato può sempre esercitare il golden power, che gli permette di porre il veto sulle operazioni rilevanti della compagnia nel caso in cui queste vadano a ledere l’interesse pubblico. Del resto, se TIM avesse scelto Open Fiber, si sarebbero determinate le condizioni per l’intervento delle autorità antitrust, che avrebbe potuto mettersi di traverso alla fusione  pensata


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