Stime di crescita dell’Italia: dati non confortanti

Di Antonia De La Vega 3 minuti di lettura
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Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, non è positivo sui dati di crescita del Belpaese penalizzata dai rincari dell’energetico. Si stima che nei primi sei mesi del 2022 ci sarà la recessione tecnica

“I numeri del rapporto sono numeri che spaventano in maniera forre perché danno concretezza ad un allarme che cresce che Confindustria, inascoltata, aveva già lanciato. Lo scenario di oggi dice che la crescita del Pil scenderà nel 2022 sotto il 2%, all’1,9% e non più del 4% come tutti noi ci aspettavamo tenendo conto anche dell’effetto di trascinamento sul 2022 del forte rimbalzo registrato nel 2021: questo vuol dire che nei primi 2 trimestri del 2022 saremo in recessione tecnica”.

Intanto gli economisti di Confindustria in relazione ai rincari dell’energetico affermano: “In euro, questo impatto si tradurrebbe in una crescita della bolletta energetica italiana di 5,7 miliardi su base mensile, ovvero in un maggior onere di 68 miliardi su base annua“.

Il conflitto russo-ucraino fa impennare la bolletta energetica delle imprese: i rincari di petrolio, gas, carbone presenteranno infatti un maggior costo finale di circa 68 miliardi su base annua di cui 27 miliardi saranno pagati solo dalla industria manufatturiera. A dirlo dopo l’analisi dei dati è il rapporto di primavera del Centro Studi di Confindustria che appesantisce così la stima finale rispetto ai 51 miliardi ipotizzati solo lo scorso mese. La speranza è sempre che il conflitto termini a breve e la stima sul costo eccessivo che questa guerra sta avendo coinvolgendo anche il Belpaese è fatto ipotizzando che il conflitto possa terminare entro il mese di luglio. L’incidenza dei costi dell’energia sul totale dei costi di produzione aumenterebbe del 77% per il totale dell’economia italiana, passando dal 4,6% nel periodo pre-pandemico (media 2018-19) all’8,2% nel 2022.

I ricari pesano molto di più sul settore della metallurgia in quanto l’incidenza potrebbe sfiorare il 23% alla fine del 2022, seguito dalle produzioni legate ai minerali non metalliferi (prodotti refrattari, cemento, calcestruzzo, gesso, vetro, ceramiche), dove l’incidenza dei costi energetici potrebbe arrivare al 16%, dalle lavorazioni del legno (10%), dalla gomma-plastica (9%) e dalla produzione di carta (8%).

 

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