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Signa Holding ha alzato bandiera bianca dichiarando di aver presentato istanza di insolvenza a Vienna. Secondo un deposito di oggi, la società ha comunicato che “nonostante i notevoli sforzi delle ultime settimane, la liquidità necessaria per una ristrutturazione stragiudiziale non poteva essere sufficientemente garantita”. Il gruppo ha chiesto l’auto-amministrazione, un meccanismo previsto dal diritto societario austriaco secondo cui una società tenta di ristrutturarsi senza consegnare il pieno controllo del processo a un amministratore esterno. Se la domanda di Signa verrà accolta dal Tribunale austriaco, la società potrà riorganizzare il proprio debito presentando un piano di risanamento ai creditori. Con ciò, il 30% dei debiti dovrà essere pagato entro due anni. Ora “l’obiettivo è quello di continuare le operazioni commerciali nell’ambito dell’auto-amministrazione”, ha comunicato il gruppo.
Il crollo del gruppo immobiliare austriaco del magnate René Benko potrebbe essere il più grande in Europa dalla grande crisi del 2008. L’azienda è proprietaria di un patrimonio che lo scorso anno è stato valutato 23 miliardi di euro, comprendendo proprietà come i grandi magazzini Selfridges a Londra, centri commerciali di lusso a Vienna e un hotel storico a Venezia. La presentazione dell’istanza di insolvenza della holding segue quella della sua unità tedesca Signa Prime presso il Tribunale di Berlino.
Signa: un epilogo inevitabile
Da giorni c’era maretta intorno alla situazione di Signa e si temeva lo scenario che poi si è configurato. A questa situazione si è arrivati in conseguenza di una campagna di acquisizioni aggressiva messa in atto negli anni dall’imprenditore miliardario Benko, facendo leva sulle sue grandi doti di dealmaker. Il quadro è cominciato a diventare cupo quando le Banche centrali hanno intrapreso una campagna aggressiva di rialzi dei tassi d’interesse, spingendo così in alto i rendimenti. A quel punto la domanda di case si è contratta per effetto degli elevati oneri di finanziamento e il valore degli asset immobiliari della società ha subito un forte calo.
La carenza di liquidità ha spinto Benko a cercare appoggio nei grandi investitori che avevano sostenuto l’azienda, tipo Mubadala Investment Co., il Fondo di investimento pubblico dell’Arabia Saudita, Attestor Capital ed Elliott Investment Management. Questi però si sono rifiutati di dar corso a un rifinanziamento che avrebbe richiesto circa 600 milioni di euro. Nel tentativo di salvare il gruppo, Benko si è fatto da parte lasciando spazio agli esperti di ristrutturazioni Arndt Geiwitz e Ralf Schmitz. Il tempo però era già scaduto e il disastro che si è consumato è ora sotto gli occhi di tutti.
Quali effetti sui mercati?
La dichiarazione di insolvenza di Signa apre scenari non rassicuranti sul mercato immobiliare europeo. È possibile che molte attività vengano svendute, proiettando al ribasso le valutazioni di mercato. Interi quartieri in Germania e in Austria, dove Signa era attiva, subiranno il vuoto lasciato dalla chiusura di grandi magazzini e dai lavori di costruzione interrotti. Signa afferma di avere asset, che includono hotel di lusso ed edifici per uffici
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