Sei davvero green? ecco i materiali che non danneggiano l’ecologia

Di Barbara Molisano 3 minuti di lettura
Green Bond

Il pianeta è bello nel mezzo di un’epidemia di rifiuti di plastica. I ricercatori stimano che dall’inizio degli anni ’50 siano state prodotte più di 8,3 miliardi di tonnellate di plastica. E circa il 60 per cento di questi prodotti è finito nelle discariche, è stato rilasciato nell’ambiente o è stato bruciato illegalmente

Non è sempre una questione di materiale

Alcune delle applicazioni pratiche di questi polimeri sono fondamentali e indispensabili, basti pensare ai dispositivi medici. Il vero problema, a parte una cattiva gestione dei rifiuti, è che molti degli usi attuali della plastica non sono realmente necessari, soprattutto nei prodotti usa e getta che negli ultimi anni hanno sostituito quelli tradizionali perfettamente utilizzabili. Riciclare questi rifiuti, che attualmente rappresentano il 9% nel mondo, non è sempre la soluzione più appropriata. Il problema richiede una riorganizzazione dell’intera filiera, aprendo la porta ad alternative alle plastiche fossili e nuovi biomateriali che inizialmente riducano il problema dell’inquinamento. Esistono già altre opzioni commercialmente valide oltre al classico alluminio o vetro, e Rinnovabili.it, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, ha cercato di analizzare alcuni degli esempi più interessanti.

Polimeri naturali e materiali organici

La modernità non ha ancora inventato nulla: i materiali organici derivati ​​da piante o animali sono stati alla base dell’evoluzione umana, tuttavia negli ultimi anni abbiamo migliorato i metodi di lavorazione dei polimeri naturali come la lignina, la cellulosa, la pectina e la chitina, che a differenza di quelli sintetici o i polimeri semisintetici si decompongono molto rapidamente.

Oggi, insieme al noto cotone e lino, troviamo prodotti commerciali a base di bambù, cocco -fibra grezza estratta dal guscio esterno delle noci di cocco-, sisal ottenuto dal tessuto connettivo dell’Agave – o ananas, fibra ottenuta dal residui della lavorazione dell’ananas. Insieme alle verdure troviamo polimeri derivati ​​da proteine ​​animali come cheratina, fibroina, caseina: lana e seta sono i prodotti più apprezzati, ma negli anni sono state sperimentate soluzioni alternative come QMilch, seta derivata dalle fibre del latte. Le fibre derivate da funghi sono un esempio in sé: il recente sviluppo del micelio per produrre strutture relativamente forti sta guadagnando slancio in settori come l’imballaggio e l’isolamento degli edifici.

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