Con l’interpello n. 63 dell’8 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il regime forfettario e il regime speciale per i docenti titolari di cattedra che impartiscono anche lezioni private sono incompatibili. Analizziamo i casi.
Secondo l’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, a partire dal 1° gennaio 2019, ai compensi derivanti dall’attività di lezioni private svolta dai docenti titolari di cattedra si applica un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali con un’aliquota del 15%. Tale imposta sostitutiva non concorre alla formazione del reddito complessivo e non rileva per deduzioni o detrazioni fiscali, ma è considerata ai fini dell’ISEE.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha specificato che l’imposta sul valore aggiunto deve essere applicata alle prestazioni di servizi svolte nel territorio nazionale, incluse le lezioni private, a meno che non ricorrano specifiche esenzioni. Inoltre, l’attività deve essere svolta in modo abituale e sistematico per configurarsi come lavoro autonomo ai fini dell’IVA.
È importante notare che il regime forfettario e quello speciale non sono compatibili, e pertanto l’insegnante titolare di cattedra che impartisce lezioni private deve scegliere tra i due regimi. Se l’istante intende continuare con regolarità e abitualità l’attività di lezioni private, sarà necessario valutare se mantenere la partita IVA e applicare il regime forfettario (con tassazione al 15% senza IVA) o optare per il regime speciale (con imposta sostitutiva del 15% e esenzione IVA).
In sintesi, la chiarezza fornita dall’Agenzia delle Entrate riguardo alla tassazione delle lezioni private per i docenti titolari di cattedra è fondamentale per garantire il rispetto delle normative fiscali. È importante che gli insegnanti interessati valutino attentamente le opzioni a disposizione e adottino il regime fiscale più adatto alla propria situazione, garantendo la corretta dichiarazione dei redditi e il rispetto degli obblighi fiscali