(Money.it) La ritenuta d’acconto altro non è che un anticipo sulle tasse dovute sui redditi che derivano da lavoro autonomo occasionale che, nella misura del 20%, il committente versa direttamente allo Stato per conto del lavoratore.
Quello che non tutti sanno, però, è che se anche il datore di lavoro è tenuto a versare la ritenuta d’acconto, non sempre il lavoratore è tenuto al suo pagamento. In questi casi, quindi, il lavoratore si trova a vedersi scorporare dai compensi il 20% anche quando questa tassazione non è dovuta perchè si ricade nella no tax area.
La no tax area è quella soglia di reddito al di sotto della quale non sono dovute tasse. Per il lavoro autonomo, in cui rientra anche quello autonomo retribuito con ritenuta d’acconto, questa soglia è stata portata a 5.500 euro. Fino a questo importo il contribuente ha diritto alla detrazione forfettaria di 1.265€ stabilita dall’art. 13 comma 5 Tuir che compensa totalmente il valore dell’Irpef.
Questo significa che per lavoratori che guadagnano fino a 5.500 euro la tassazione non è dovuta perchè non si devono pagare tasse. E questi contribuenti, tra l’altro sono esonerati anche dall’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi.
Tuttavia, in alcuni casi, può essere conveniente inviarla per recuperare le ritenute d’acconto trattenute sul compenso dal committente: in tal modo gli importi versati in eccesso possono diventare crediti d’imposta da usare in compensazione o da richiedere a rimborso.
In questa guida vediamo quando si può recuperare la ritenuta d’acconto in dichiarazione e le istruzioni da seguire per ottenere il rimborso.
Cos’è la ritenuta d’acconto per prestazione occasionale
La ritenuta d’acconto per prestazione occasionale è una trattenuta del 20% (del 30% per soggetti non residenti) che il committente applica sul compenso di un prestatore d’opera, agendo come sostituto d’imposta.
Quando si parla di prestazione occasionale si fa riferimento ad una colla
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