Rincari di mutui e prestiti in risposta alla politica della BCE: sale il costo del denaro

Di Alessio Perini 4 minuti di lettura
rincari mutui e prestiti

L’effetto più immediato dell’aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea è l’aumento del costo del denaro, che rende più cari mutui e prestiti per famiglie e imprese.

Il rischio è che gli attuali rallentamenti portino a una vera e propria recessione: il Consiglio direttivo della BCE prevede una fase di stagnazione sia a fine anno che nel 2023, e le stime di crescita dell’area euro sono destinate a ridursi fino allo 0,9%.

Una stagnazione che colpisce soprattutto mutui a tasso variabile

Il rialzo dei tassi ha lo scopo di tenere sotto controllo l’inflazione. Come sapete, la Bce ha deciso di alzare di 75 punti base, il più alto nella storia dell’euro, portando il tasso base a 1,25%, e per le operazioni a margine e i depositi presso la banca centrale, fino a 1,50% e 0,75%.  Questi incrementi non si rifletteranno immediatamente e pienamente nei tassi applicati ai prestiti ma  incideranno in tempi relativamente brevi.

Per capirci riportiamo  un esempio pratico del Codacons su un mutuo a tasso variabile:

  • un prestito da 150mila euro in 25 anni: piano di rateizzazione da 590 euro a 643 euro, altri 53 euro al mese
  • mutuo da 200mila euro sempre a 25 anni: la rata sale da 787 euro a 858 euro, con un aumento di 71 euro al mese, quindi 852 euro all’anno
  • mutuo da 250mila euro a 30 anni: rata mensile da 847 euro a 937 euro, cioè in questo caso l’aumento è di 90 euro al mese e 1080 euro all’anno.

Più difficile è valutare l’impatto sui mutui a tasso fisso.

Cosa Accade invece per i prestiti?

Ancora più difficile è calcolare altre tipologie di prestiti a privati ​​e aziende. Sul fronte finale, dal mondo delle imprese continuano a chiedere nuove misure per facilitare l’accesso alla liquidità da parte delle imprese in un momento particolarmente difficile per l’economia. Le aspettative di una vigorosa ripresa dal coronavirus sono state deluse da una nuova emergenza innescata dalla guerra in Ucraina, che crea anche una serie di problemi di approvvigionamento.

L’inasprimento della politica monetaria  della BCE è destinato ad avere un grande impatto sull’economia e le stime di crescita per quest’anno e per il prossimo sono davvero basse. Il PIL della zona euro nel 2022 è previsto al 3,1% nel 2022, allo 0,9% nel 2023 e all’1,9% nel 2024. Nel complesso, la BCE ha dichiarato in una nota: “Dopo una ripresa nella prima metà del 2022, i dati recenti indicano un rallentamento significativo nell’economia della zona euro, che dovrebbe arrestarsi entro la fine di quest’anno e nel primo trimestre del 2023″.

L’inflazione, che ad agosto ha raggiunto il 9,1% e “potrebbe aumentare nel breve termine”. Secondo gli esperti della Banca Centrale Europea, con la progressiva scomparsa delle attuali determinanti dell’inflazione e il trasferimento della normalizzazione della politica monetaria all’economia e al processo di pricing, l’inflazione diminuirà. Stime precise di inflazione: 8,1% nel 2022, 5,5% nel 2023 e 2,3% nel 2024.

La BCE non ci abbandona ed è pronta ad intervenire in caso di speculazione con il debito statale

Si teme che l’inasprimento della politica monetaria possa indebolire ulteriormente il ciclo economico, già duramente messo a dura prova dalle ricadute della guerra in Ucraina e dall’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Questa è la risposta che arriverà nei prossimi mesi. Per contrastare il rialzo dei tassi c’è un nuovo programma di acquisti della Bce, quindi pronta ad intervenire in caso di speculazione con il debito statale.

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