La proposta della quota 41 per la pensione non è una novità, bensì un’estensione di una misura già in essere
La quota 41 per la riforma pensioni sarebbe quelle di estendere a tutti la misura oggi prevista per alcune categorie di lavoratori, come i lavoratori precoci con almeno 12 mesi di contributi per periodi di lavoro effettivo prestato prima dei 19 anni d’età. Il requisito contributivo di 41 anni può essere perfezionato anche con cumulo dei periodi assicurativi e si può andare in pensione senza l’incremento legato alle speranze di vita fino al 31 dicembre 2026. Non ci sono neanche penalizzazioni sull’assegno pensionistico, ma per l’accesso alla pensione vera e propria si applica una finestra mobile di tre mesi.
Con la Legge di Bilancio 2022, il Governo dovrà pensare ad nuova riforma delle pensioni per trovare alternative alla Quota 100, il cui termine a dicembre 2021 comporta la stabilizzazione dei requisiti anagrafici ordinari per la pensione anticipata (cinque anno dopo quelli fruibili oggi con la formula agevolata di 62 anni d’età +e 38 di contributi). Tra le proposte dei Sindacati (considerata anche dall’INPS) c’è la Quota 41 estesa a tutti, che con 41 anni di contributi permetterebbe di andare in pensione a qualunque età, ma la Corte dei Conti la ritiene troppo costosa per le casse dello Stato, ancor più della stessa Quota 100. Per ovviare al problema, si potrebbero inserire delle penalizzazioni ed una previsione a tempo (come la sperimentazione con scadenza triennale della Quota 100), per renderla più sostenibile da punto di vista della copertura finanziaria necessaria.
La partita della Riforma Pensioni si giocherà sul campo dei costi, piuttosto che sulla garanzia di flessibilità di uscita dal mondo del lavoro. La UE ha concesso all’Italia 14 miliardi extra di fondi del Recovery Plan, ma la priorità è di ridurre la spesa pensionistica. Dunque la prossima revisione delle pensioni dovrà introdurre misure più economiche e funzionali di Quota 100.