Più di 640.000 tonnellate di plastica raggiungono il mare ogni anno a causa della reti da pesca
Reti, lenze e altri detriti del “Ghost Gear” inquinano i mari, mettendo in pericolo la vita marina e le specie vegetali. Lo conferma un rapporto pubblicato da Greenpeace UK, che punta il dito non solo sulla pesca illegale, ma anche su quella industriale. L’inquinamento da plastica causato da reti, trappole e lenze rappresenta per gli oceani un pericolo ancora maggiore, secondo l’associazione ambientalista, di quello rappresentato dagli elementi utilizzati a terra, come bottiglie e contenitori di vario genere. Una quantità enorme che viene rilasciata e mai più recuperata nei nostri mari e nei nostri oceani.
Attrezzatura fantasma
Louise Casson, portavoce di Greenpeace UK Oceans, ha dichiarato: “L’attrezzatura fantasma è la più grande fonte di inquinamento da plastica negli oceani e colpisce la vita marina nel Regno Unito come altrove. Le acque della Gran Bretagna non sono isolate, così come gli oceani non hanno confini. I governi del mondo devono agire per proteggere gli oceani e sottoporre l’industria della pesca a normative che li ritengano responsabili del pericolo di inquinamento. Ciò dovrebbe iniziare con un patto globale congiunto che dovrebbe essere approvato dalle Nazioni Unite il prossimo anno”.
L’effetto sugli animali marini
Per concludere, la stessa Casson ha sottolineato che i rischi per gli animali marini possono persistere anche per decenni, e minacciare anche specie come tartarughe, uccelli marini e persino balene: reti e lenze possono rappresentare un pericolo per la vita marina per molti anni. o anni. decenni, catturando di tutto, dai piccoli pesci ai crostacei, alle tartarughe in via di estinzione, agli uccelli marini e persino alle balene. Spediti attraverso gli oceani dalle onde e dalle correnti, gli attrezzi da pesca perduti e abbandonati si riversano sulle coste artiche, ricoprono isole remote nell’Oceano Pacifico, si impigliano nelle barriere coralline e sporcano i fondali marini.