Nella Riforma di marzo 2022 saranno forse eliminate del tutto la quota 100 e l’Opzione Donna senza nessuna proroga (ma nel frattempo potrebbero essere introdotti nuovi meccanismi per la pensione semplificata). Si pronuncia l’OCSE dopo la stima delle analisi nell’Economic Outlook sull’Italia di settembre 2021.
Per l’ OCSE – Organizzazione per lo Sicurezza e la Cooperazione in Europa le attuali misure di pensione anticipata agevolata sono troppo costose per entrare a regime, comportando un rischio sociale di povertà dei pensionati. Intanto in Italia è stato aperto un tavolo tra governo e parti sociali sulla riforma delle pensioni, che dovrà essere finalizzata entro fine anno affinché non scada la quota 100, che deve andare “in pensione” al termine del 2021.
Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, durante la presentazione della relazione, si è detto “fiducioso che il potere esecutivo troverà una soluzione equilibrata nella prossima legge di bilancio”. Si conferma così l’inserimento della riforma delle pensioni nella Manovra 2022. La Quota di 100, come indicato anche nel rapporto Ocse, se diventasse costante porterebbe a un aumento dell’11% della spesa pensionistica entro il 2045. Ma il governo è già disposto a non rinnovarla, il che significa che il problema non si pone. Occorre però individuare nuovi meccanismi di flessibilità in uscita che evitino alle persone pronte a lasciare il lavoro si dover attendere altri cinque anni.
L’obiettivo è fornire una misura strutturale sostenibile per le finanze pubbliche che garantisca l’equità del sistema previdenziale. Diverse le ipotesi sul tavolo: Quota 41, opzioni contributive che riducono l’entità della pensione, Quota 102 (a 64 anni e 38 contributi).
Sotto esame secondo l’OCSE anche l’Opzione Donna, anche se considerata una delle formule meno costose ma potrebbe portare ad un aumento del rischio di povertà in età avanzata. Il dibattito in corso, infatti, non esclude l’estensione di questa misura, anzi: c’è addirittura l’ipotesi che diventi strutturale, che permetterà alle donne di andare in pensione con 35 anni di esperienza e a 59 o 60 anni. Questa opzione prevede un ricalcolo della pensione interamente corrisposta con una penale sui contributi versati prima del 1996, senza tener conto del calcolo degli stipendi. Rimane aperto anche il discorso dell’ APE sociale, con ipotesi di espansione.