Reato di diffamazione: cosa non scrivere sui social

Di Gianluca Perrotti 3 minuti di lettura
Nei prossimi cinque anni Facebook punta a creare 10 mila nuovi posti di lavoro

Il Belpaese pulica di denunce di diffamazione e negli ultimi anni tale denunce si concentrano su comunicazioni provenienti soprattutto dai social in particolare Facebook.

Cosa dovresti sapere quando vuoi attaccare qualcuno  utilizzando questo mezzo?

La pubblicazione di documenti  che contengono per esempio situazioni debitorie senza contiguità temporale è un atto diffamatorio.   Lo ha spiegato la Corte di Cassazione con la sua sentenza, pubblicata il 14 dicembre dello scorso anno, che respingeva la denuncia di una persona che aveva postato su un social una lettera di diffida, accompagnata da insulti e ingiurie nei confronti del mittente.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione si tratta di condotta diffamatoria, sia per le espressioni utilizzate, sia per le modalità e il contesto in cui sono state divulgate.

Con una recente sentenza, la n. 10762/2022, la Corte di Cassazione, muovendosi nella direzione di rafforzare ulteriormente il precedente orientamento giurisprudenziale, afferma che si configura il reato di diffamazione aggravata (art. 595 c. 3 c.p.) a mezzo Facebook (pur) in assenza dell’indicazione dei nomi delle persone offese.

Perché la Corte di Cassazione si è così pronunciata? Si espone la parte offesa al “pubblico ludibrio”

Il fine ultimo della condotta, secondo i giudici, era quello di esporre la parte offesa alla “pubblica derisione”. La sentenza della Corte di Cassazione ha anche chiarito l’eccezione di adiacenza temporanea, essendo la lettera pervenuta qualche tempo prima della risposta diffamatoria, rilevando che il motivo di impunità sorge quando l’atto offensivo è una reazione diretta all’atto scorretto altrui.

“L’immediatezza della reazione deve essere intesa in senso relativo, avuto riguardo alla situazione concreta e alle stesse modalità di reazione, in modo da non esigere una contemporaneità tra azione e reazione che finirebbe per limitare la sfera di applicazione dell’esimente in questione e di frustarne la ratio, occorre comunque che tra l’insorgere della reazione e il fatto che l’ha determinata sussista una reale contiguità temporale, così da escludere che il fatto ingiusto altrui diventi pretesto di aggressione alla sfera morale dell’offeso, da consumare nei tempi e con le modalità ritenute più favorevoli”.

 

Condividi questo articolo
Exit mobile version