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Il petrolio perde qualche posizione nel mercato collocandosi nei pressi di 90 dollari al barile in vista della riunione di oggi dei membri dell’OPEC+. Non ci dovrebbero essere grosse novità dal meeting, nel senso che sarà difficile aspettarsi cambi di rotta repentini rispetto alla linea tracciata questa estate di tagliare l’offerta di greggio di 1,3 milioni di barili giornalieri fino alla fine dell’anno. Quindi, sotto questo profilo, gli investitori non si aspettano una spinta a far calare ulteriormente le quotazioni di petrolio. “La recente inversione del prezzo del petrolio potrebbe essere una ragione per il cartello di mantenere invariati i tagli all’offerta nella riunione di revisione di oggi”, hanno detto gli analisti di ANZ Bank Brian Martin e Daniel Hynes in una nota.
Negli ultimi giorni i prezzi sono stati messi sotto pressione dai rendimenti dei titoli di Stato USA a 10 anni che hanno toccato il massimo dal 2007. Questo perché ciò potrebbe mettere in difficoltà l’economia e ridurre la domanda di greggio. Altresì, i prezzi sono scesi a causa del rafforzamento del dollaro, come conseguenza dell’aspettativa di tassi Fed alti più a lungo e nella veste di bene rifugio per le tensioni economiche che ne derivano. Una moneta americana robusta infatti fa scendere la domanda degli importatori di petrolio non americani, trattandosi di un bene quotato in dollari.
Petrolio: rischio di caos organizzato
La sensazione generale nel mercato è comunque quella che il petrolio potrebbe presto vedere la soglia psicologica di 100 dollari e superarla per un tempo che dipende molto anche dal comportamento dell’OPEC+, oltre che dalle condizioni generali della domanda soprattutto di matrice cinese. Se si dovessero creare queste condizioni, la situazione complessiva potrebbe risultare difficile da gestire.
Un monito in tale direzione è lanciato dal ministro indiano del petrolio e del gas naturale, Hardeep Singh Puri, che durante la conferenza ADIPEC sui combustibili ad Abu Dhabi, ha avvertito di “un caos organizzato se i prezzi supereranno i 100 dollari al barile”. Questo sarà uno scenario che non va “nell’interesse né dei produttori né di tutti gli altri”, ha aggiunto il ministro. Il problema non è per l’India, che “è una grande economia e ha molta produzione interna”, sottolinea Puri, ma di altre nazioni che potrebbero non essere in grado di navigare a prezzi più alti. “Mi preoccuperei di ciò che accade ad altre parti del mondo in via di sviluppo, dal momento che l’aumento dei prezzi negli ultimi 18 mesi ha lasciato 100 milioni di persone in estrema povertà”, ha precisato.
Il ministro ha rincarato la dose poi su X, la piattaforma precedentemente nota come Twitter. “Durante la pandemia, quando le quotazioni del greggio sono crollate, il mondo si è unito per stabilizzare i prezzi in modo da renderlo sostenibile per i produttori. Ora, mentre il mondo è al culmine della recessione economica e del rallentamento, i produttori di petrolio devono mostrare la stessa sensibilità nei confronti dei paesi consumatori”, ha scritto.
La transizione energetica come soluzione
Per uscire da questa dipendenza dal petrolio per i paesi consumatori, Puri punta sulla transizione energetica, rimarcando il fatto che il mondo deve
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