(Money.it) Continuano a crescere le firme raccolte dalla petizione lanciata su Change.org per ottenere il ripristino di ChatGPT in Italia, il chatbot di OpenAI bloccato nel Belpaese a causa di una divergenza di vedute tra la sua azienda e il Garante della Privacy italiano.
In particolare, il blocco è arrivato in Italia dopo che l’Autorità garante ha riscontrato un uso dei dati non conforme al regolamento italiano ed europeo, nonché il mancato accertamento dell’età degli utenti.
Per tutta risposta, OpenAI ha reso il sito irraggiungibile in Italia, il che ha generato non poco scalpore dentro e fuori dal Paese. La scorsa settimana il Garante ha avuto un incontro con l’azienda americana e alcuni suoi manager, in quel contesto entrambe le parti si sono dette pronte a collaborare.
Attualmente il Garante dovrebbe avere per le mani la proposta di OpenAI per provare a risolvere la contesa, non è tuttavia possibile sapere quando questa sarà resa pubblica.
Nell’attesa di una risposta concreta alcuni imprenditori, manager e accademici italiani hanno firmato una petizione su Change.org, con l’obiettivo di sottolineare l’importanza della tematica alle autorità competenti, tra cui il Garante della privacy. Vediamo come sta andando.
A che punto è e cosa chiede la petizione per il ripristino di ChatGPT
Attualmente la petizione ha raccolto circa 1.500 firme in circa 4 giorni, un risultato molto buono, considerando che l’obiettivo fissato da Marco Trombetti, l’imprenditore che l’ha lanciata, è di 2.500.
La petizione, dal titolo «Ripristiniamo ChatGPT e aggiorniamo le norme sull’IA», è rivolta non soltanto al Garante della Privacy, bensì anche al Comitato europeo per la protezione dei dati, al governo e al parlamento italiano.
Nella petizione è possibile trovare un riassunto della vicenda e
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