Pensioni: l’Opzione donna che sta cambiando

Di Antonia De La Vega 4 minuti di lettura
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Si tratta di una delle misure più discusse tra quelle contenute nella Legge di Bilancio, e con ogni probabilità è anche tra quelle che verranno modificate durante l’iter di manovra parlamentare: in relazione all’opzione Donna, il governo è pronto a rivedere la formulazione del 2023, approvata nel Ddl Manovra, anche alla luce delle critiche pervenute da molti settori, sindacati in primis.

Le ipotesi sono tante: dalla soppressione di uno sconto personale legato al numero dei figli, al ritorno ai requisiti precedenti, un periodo di transizione con le vecchie regole all’accettazione di un nuovo pubblico limitato solo alle categorie più deboli.

L’Opzione Donna 2022 prevede contributi per 35 anni e 58 o 59 anni, rispettivamente, per le donne che lavorano per conto terzi e per conto proprio;

Entrambi i requisiti devono essere soddisfatti entro il 31 dicembre 2021. In tutti i casi è previsto il ricalcolo dei contributi pensionistici. L’aggiornamento 2023 del provvedimento contenuto nella Manovra 2023 non è un’estensione di questa formula, ma piuttosto una versione “riveduta e corretta” che include i seguenti requisiti:
– 35 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 2022;
– 60 anni nel 2022, uno in meno per figlio fino a un massimo di due (raggiungere i 58 anni con almeno due figli);
– Appartengono, in alternativa, a una delle fattispecie ammesse tra le badanti familiari, il 74% delle donne disabili, licenziate o dipendenti di aziende per le quali è attivo il tavolo di dialogo per la gestione della crisi d’impresa (in questo caso, il requisito dell’età è di 58 anni ) con limitazioni specifiche per ciascuno di questi casi;
– ricalcolo dei contributi previdenziali.

Le debolezze della Manovra Pensioni sono state dimostrate nelle audizioni in Commissione Bilancio e confermate nell’incontro con il Governo del 7 dicembre. Nella “Versione al femminile” tutte le sigle sono contrarie, con una generale contrarietà all’introduzione di tariffe che limitino il pubblico a poche donne che lavorano e avvicinare lo strumento all’OBE Social (alcuni dei requisiti sono gli stessi).

Differenti, invece, le istanze dei tre sindacati

– CGIL: le modifiche rendono il provvedimento “ingiusto, discriminatorio e del tutto inutile in termini di effettivo impatto”. “Sebbene l’opzione di Donna preveda un ricalcolo integralmente compensativo delle prestazioni pensionistiche e rappresenti quindi solo un anticipo in denaro senza oneri aggiuntivi per il bilancio previdenziale, un intervento così drastico da determinare la devastazione della platea sarà limitato. meno di mille lavoratori l’anno prossimo”.
– Cisl: Non condivide “la formulazione dei requisiti per accedere a una pensione ‘a scelta delle donne’ contenuta nel progetto di bilancio e le condizioni introdotte”. E per questo chiede di ripristinare la pensione elettiva per le donne senza alcuna condizione all’età iniziale di 58 anni (59 anni per le lavoratrici autonome) con 35 anni di contributi.
– Uil: una proroga con requisiti più stringenti è ritenuta “scorretta”, la richiesta fa riferimento a un aumento dei contributi per le donne che lavorano con i bambini, un aumento completo dei periodi di cura, più flessibilità nell’accesso alla pensione che non comporta alcuna sanzione.

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