Pensioni e quota 100: l’INPS raccoglie i dati di questo “modello sperimentali” e li analizza per una futura riforma delle pensioni

Di Antonia De La Vega 5 minuti di lettura
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L’analisi del “modello quota 100″ a pochi mesi dalla chiusura della sua sperimentazione dopo tre anni è stata oggetto di una presentazione nell’ambito dell’evento “Un bilancio di Quota 100” organizzato il 22 giugno 2022 a Palazzo Wedekind. Evento a cui  ha partecipato il Vice Presidente dell’INPS Marialuisa Gnecchi e la Presidente dell’UPB Lilia Cavallar e il Presidente dell’INPS Pasquale Tridico.

Il documento che prende in esame quante e quali categorie di lavoratori hanno fruito della misura sulla base dei dati dei contribuenti alle gestioni INPS e delle informazioni ricavate dal monitoraggio delle domande contiene dati molto interessanti che potrebbero essere di ausilio per una futura  riforma delle pensioni che potrebbe essere ben strutturata e tagliata sul target di riferimento. Ricordiamo che la “Quota 100”, come altre misure di “flessibilità pensionistica” (“Opzione Donna”, “APE sociale”, “APE di mercato”, uscita anticipata per lavoratori precoci appartenenti a specifiche categorie), è stata introdotta con l’obiettivo di reinserire nel sistema – anche se per un periodo di tempo limitato e solo per specifiche coorti di individui – margini di flessibilità nelle scelte di pensionamento dopo la riforma del 2011 (cosiddetta “legge Fornero”), varata in risposta alle difficoltà prodotte dalla crisi finanziaria del 2008 e all’esigenza di assicurare la sostenibilità di medio-lungo periodo dei conti pubblici.

ANALIZZIAMO I DATI fonte https://www.inps.it/docallegatiNP/Mig/Allegati/Un_bilancio_di_Quota_100_a_tre_anni_dal_suo_avvio-Sintesi.pdf

Al 31 dicembre 2021 le domande complessivamente accolte nel triennio 2019-2021 sono risultate poco meno di 380.000, ampiamente al di sotto di quelle attese sottostanti alla Relazione tecnica del DL 4/2019. A ricorrere a “Quota 100” sono stati soprattutto gli uomini. Quasi l’81 per cento dei pensionati con “Quota 100” vi è transitato direttamente dal lavoro, poco meno del 9 per cento da silente (soggetti che pur avendo in passato versato contributi non lavoravano né percepivano altre prestazioni), poco più dell’8 per cento da una condizione di percettore di prestazioni di sostegno al reddito, circa il 2 per cento da prosecutori volontari di contribuzione.  La gestione di liquidazione è stata da lavoro dipendente privato per quasi la metà dei casi, da lavoro dipendente pubblico per poco più del 30 per cento, da lavoro autonomo per circa il 20 per cento. Se in valore assoluto le pensioni con “Quota 100” sono state più concentrate al Nord, meno al Mezzogiorno e ancor meno al Centro, in percentuale della base occupazionale o del flusso medio delle uscite per pensione anticipata (quelle più simili a “Quota 100”) mostrano le incidenze maggiori al Mezzogiorno e minori al Nord, con il Centro in posizione intermedia. I pensionamenti dal comparto privato sono lo 0,4 per cento della relativa base occupazionale (con un picco dell’1,2 per cento per il settore “Trasporto e magazzinaggio”), quota che diventa dell’1,3 per cento nel comparto pubblico (con picco del 2,9 per cento per le “Funzioni centrali”).

Si è registrata una prevalenza a lasciare il lavoro alla prima decorrenza utile, con almeno uno dei requisiti di età e anzianità al livello minimo. Il rapporto tra anticipo effettivo e anticipo massimo (quello corrispondente all’utilizzo di “Quota 100” non appena possibile) si colloca in media poco sopra il 90 per cento per buona parte degli utilizzatori di “Quota 100”. Mediamente l’anticipo rispetto al più vicino dei requisiti ordinari è di 2,3 anni. L’anticipo ha inciso in maniera significativa sul valore dell’assegno: mediamente lo ha ridotto del 4,5 per cento per anno di anticipo per i lavoratori autonomi, del 3,8 per cento per i dipendenti privati e del 5,2 per cento per i dipendenti pubblici. L’età media alla decorrenza si è attestata poco al di sopra di 63 anni, mentre l’anzianità media è di 39,6 anni.

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