Quando muore il pensionato ai familiari resta il dubbio su come dare la comunicazione. Una sentenza della Corte di Cassazione elude i dubbi. Spetta al Comune farlo e al medico che ne accerta la morte. Non agli eredi e ne al cointestatario del conto.
La fonte di questo articolo è il sito Laleggepertutti.it ripreso anche dall’agenzia di informazione Adnkronos per aver scritto di un dubbio che attanaglia numerosi eredi e il cui errore porta alla restituzione di denaro accettato erroneamente e a numerosi fastidi. Ecco perché riportiamo anche noi la nota per far veicolare maggiormente l’informazione.
Fino a questo momento molti di boi abbiamo pensato che, quando un pensionato giunge alla morte, spettasse gli eredi fare comunicazione all’Inps per interrompere l’erogazione della pensione, che se non avviene avrebbe potuto causare un reato ovvero «indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato».
Il sito di informazione legale fa invece alcune precisazione basandosi su alcune recenti sentenze della Corte Cassazione ( VI sezione penale della Cassazione in una pronuncia di cui è nota per ora solo l’informazione provvisoria e che arriva a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quanto affermato, in passato, dalla stessa Corte con le sentenze 48820/2013 e 14940/2018).
Secondo l’attuale percezione compete infatti agli eredi inviare il certificato di morte all’Inps non appena si verifica il decesso. Per far scattare l’illecito penale, basterebbe l’accredito anche di una sola mensilità della pensione, senza possibilità di giustificarsi sostenendo che non c’è stato il tempo necessario per l’invio della comunicazione.
Oggi, però, la Cassazione, spiega il sito web “si è posta nuovamente la medesima domanda: chi comunica il decesso all’Inps, e questa volta la soluzione è stata diversa. Secondo il mutato orientamento – si legge -, non spetta più agli eredi informare l’Istituto di previdenza circa la morte del pensionato. Né spetta all’eventuale cointestatario del conto corrente sul quale è accreditata la pensione. Come chiarito nella pronuncia in commento, la legge 27 dicembre 2002 n. 289 ha introdotto l’obbligo per le Anagrafi comunali di trasmettere online all’Inps le comunicazioni di decesso. Questo implica che è il Comune a dover comunicare all’Inps il decesso del pensionato e non certo i privati cittadini; non esiste alcuna norma che imponga a questi ultimi di consegnare, agli uffici Inps, il certificato di morte cartaceo (come invece prima si pensava, richiamando l’articolo 316-ter del Codice, che sanziona l’omissione di informazioni dovute)”.
Allo stesso modo, continua il sito, “l’articolo 1 legge 23 dicembre 2014 n. 190 ha stabilito l’obbligo per i medici necroscopi di inviare online all’Inps il certificato di accertamento del decesso entro 48 ore dall’evento. Su queste basi, l’Inps dopo la segnalazione del decesso provvede automaticamente a individuare il soggetto nei propri archivi e ad effettuare le necessarie variazioni relative alla pensione. Dunque, per come messo in evidenza ora dalla Corte, gli eredi – si sottolinea – non hanno alcun obbligo di comunicazione all’Inps dell’avvenuto decesso e, di conseguenza, nulla può essere loro rimproverato in caso di silenzio. Oggi, pertanto, non sono più i parenti del defunto a comunicare il decesso all’Inps; piuttosto a farlo devono essere l’Anagrafe comunale e il medico necroscopo (ossia il medico incaricato dall’Asl per certificare il decesso di una persona). Ciò non impedisce, comunque, al familiare di inviare il certificato di avvenuto decesso del pensionato all’Inps”.
In ogni caso, continua Laleggepertutti.it, “resta il fatto che, se l’accredito della pensione dovesse comunque giungere sul conto, questi saranno tenuti a restituire l’importo all’Inps, evitando così un giudizio quantomeno civile volto al recupero dell’indebito”. Alla Corte – si legge -, era stato chiesto “se possa ritenersi sussistente il reato di cui all’articolo 316-ter Codice penale nel caso in cui il cointestatario del conto corrente sul quale è accreditata la pensione del proprio congiunto non ne comunichi il decesso all’istituto di previdenza e continui a percepire i ratei pensionistici”.
A tale domanda però i giudici hanno dato risposta “negativa, non potendo ritenersi sussistente l’omissione di informazioni dovute perché non previste”.