(Money.it) La pensione di reversibilità è una prestazione previdenziale che spetta ai cosiddetti familiari superstiti del pensionato deceduto. Tra i familiari superstiti, oltre ai figli in determinate circostanze, è sempre compreso anche il coniuge. Ci si chiede quindi quali conseguenze hanno la separazione o il divorzio sul diritto alla reversibilità. Da un lato vi è lo scioglimento del vincolo coniugale, ma dall’altro ci sono dei contributi maturati proprio durante il matrimonio. Vediamo quindi cosa succede e se la pensione di reversibilità spetta all’ex moglie o all’ex marito.
La pensione di reversibilità spetta all’ex moglie o ex marito?
La pensione di reversibilità è riconosciuta ai coniugi e alle parti delle unioni civili, indipendentemente dalla durata del vincolo ma purché il trattamento pensionistico del defunto fosse già iniziato. Altrimenti, si dovrebbe considerare la pensione indiretta, con i suoi relativi requisiti.
In ogni caso, anche se lo scioglimento del vincolo coniugale che avviene con il divorzio interrompe la maggior parte dei doveri e diritti reciproci sui coniugi, non esclude automaticamente il diritto alla reversibilità dell’ex. In particolare, l’ex moglie o ex marito (così come ex unito civilmente) ha diritto alla pensione di reversibilità se:
- Era titolare dell’assegno di divorzio;
- non ha contratto nuove nozze;
- l’inizio del rapporto di lavoro relativo al trattamento pensionistico percepito dal defunto è anteriore alla data del divorzio.
Questo significa che l’ex coniuge divorziato ha comunque diritto alla pensione di reversibilità, pur non avendo diritti ereditari, e peraltro con le medesime prerogative del coniuge ancora sposato. Così come il diritto alla reversibilità è riconosciuto all’ex coniuge, tanto più anche il coniuge separat
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