Pensione contributiva anticipata a 64 anni, nel 2021 è già possibile: occorre comprendere i requisiti per accedervi e le differenze tra lavoratori autonomi e dipendenti
Tra le opzioni di prepensionamento attualmente in vigore vi è anche l’opzione contributiva a 64 anni (più eventuale adeguamento della speranza di vita), che prevede un minimo di 20 anni di contributi versati. Riservata ai lavoratori il cui accredito contributivo sia interamente successivo al 31 dicembre 1995.
Ci sono restrizioni piuttosto severe. Analizziamoli nel dettaglio, sia per i lavoratori autonomi che per i lavoratori dipendenti.
Si tratta di un’opzione che si aggiunge alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata, ma solo per coloro che sono iscritti al sistema pensionistico dal 1° gennaio 1996.
Il nome deriva dal fatto che consentono la verifica delle liquidazioni con il metodo dell’intera imposta Oltre ai requisiti anagrafici e di anzianità contributiva, bisogna rispettare un ulteriore vincolo: bisogna aver maturato un assegno pensionistico pari almeno a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale, come annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare. Quindi nel 2021 bisogna aver maturato un assegno previdenziale pari o superiore a 1.288 euro, essendo l’importo mensile dell’assegno sociale di 460 euro circa.
Inoltre, ai fini del calcolo dei requisiti contributivi, è utile solo il contributo effettivamente versato (obbligatorio, volontario, rimborsabile), ad eccezione di quello figurativamente accreditato a qualsiasi titolo, ed è necessario che tutti i contributi siano versati in forma pura del sistema contributivo (quindi, a partire dal 1° gennaio 1996), perché è versato solo dal 1996, oppure perché è stato possibile scegliere per il computo nella Gestione Separata, avendo contribuzione versata in quest’ultima.
Per dipendenti e lavoratori autonomi, in termini di requisiti, non ci sono particolari differenze: ai fini del conseguimento della prestazione pensionistica, però ai lavoratori subordinati è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Mentre ai professionisti non è richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratore autonomo.