Mel mondo del lavoro si parla tanto di Gender equality e l’Italia non vuole perdere il treno e punta ad essere uno dei primi 10 paesi in Europa. Sfida non facile, occorre partire dalla distruzione di importanti e storici pregiudizi
La Strategia per l’uguaglianza di genere 2021-2026 inizia con un restringimento del divario retributivo di genere, aumenta l’occupazione e l’imprenditorialità per le donne, aumentano le quote rosa nel consiglio di amministrazione e i crediti d’imposta per i datori di lavoro illuminati. La strategia, illustrata nel Cdm dalla ministra per le Pari opportunità, Elena Bonetti, è un’area di azione su cui è impegnato il governo Draghi, anche per l’attuazione del Pnd e la riforma del diritto di famiglia. Occorre sfruttare la parità di genere per attivare risorse molto più consistenti.
L’obiettivo è guadagnare cinque punti nell’Eige Gender Equality Index, l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, nei prossimi cinque anni. Occorre scalare la classifica ed entrare tra i primi dieci paesi europei nei prossimi dieci anni. L’Italia è ora al 14° posto in Europa per parità di genere, ben al di sotto della media europea. Il documento che illustra la strategia, “elaborato con la partecipazione delle amministrazioni centrali, degli enti locali, delle parti sociali e delle principali associazioni attive nella promozione della parità di genere”, si legge nella nota finale del YMC, è stato oggetto di questioni politiche ed è stato presentato alla Conferenza unificata.
Con il nuovo piano, l’Italia attua per la prima volta una strategia nazionale per la parità di genere, basata su cinque pilastri di azione, con obiettivi al 2026: lavoro, reddito, competenze, famiglia condivisa e leadership. La questione della parità di genere, in cui il Paese è in ritardo, è in ritardo rispetto all’Europa in termini di occupazione femminile. Un Paese dove una donna su cinque smette ancora di lavorare dopo il parto. Un Paese dove i dati Istat di giugno 2021 mostrano un tasso di occupazione maschile del 66,9%, a fronte di un tasso di occupazione femminile del 49%, con uno scarto di 17,9 punti che richiede un intervento concreto e deciso. Problemi aggravati dalla nuova pandemia di coronavirus: ad esempio, a dicembre 2020, l’Istat ha registrato una riduzione dello 0,4% del numero di posti di lavoro rispetto a novembre, mentre il numero dei dipendenti è diminuito di 101.000 persone. Ma il 98%, cioè 99mila unità, ha perso il posto delle donne. La nuova strategia dovrà passare anche attraverso l’istruzione, poiché più alto è il titolo conseguito, più donne lavorano.