Sono precisamente 73.200 le aziende italiane che rischiano la chiusura. Penalizzati il Sud (19.900 le imprese pronte a chiudere il cancello ) e il Centro con ben 17.500. Quali tipologie sono a rischio? Società di servizi (17%) e quelle del a ettore manifatturiero (9%) le più penalizzate.
Instabilità strutturale, scarsa innovazione tecnologica e problemi legati a digitalizzazione ed export, sono le problematiche che hanno penalizzato queste realtà.
Lo studio congiunto condotto dal Centro Ricerche Svimez e dalle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne-Unioncamere è stato svolto su un campione di 4.000 aziende manifatturiere.
Il 48% delle imprese italiane risulta non innovativa, non digitale e non pronta ad affrontare le sfide dell’export. Il 55% di queste aziende “Old Style” sono localizzate al Sud, il 50% al Centro, il 46% nel Nord-ovest e il 41% rispettivamente nel Nordest.
Ciò che stupisce è che proprio nel settore dei servizi, che i deficit di innovazione e digitalizzazione diventano più consistenti. Le imprese a rischio in tal settore sono in aumento, fino a superare il 50% a livello nazionale e raggiungendo quasi il 60% nel Mezzogiorno.
31% e 39% sono le percentuali rispettivamente del territorio nazionale e del Mezzogiorno per quando concerne là aziende del settore manifatturiero.
Per sintetizzare ciò che consola è che l’ampio divario tra Sud e Nord non sembra penalizzare le aziende di servizi della “bassa penisola”, ciò che rattrista è che questa “uguaglianza” sia associata ad un dato negativo ovvero il rischio chiusura la chiusura.
Per altri settori industriali il divario Nord-Sud è ancora evidente: le difficoltà di ripresa del Meridione sono evidenti: circa il 27% delle aziende con previsioni di performance negative sono situate in questa area. Di contro il 19% sono quelle situate del Nordest e il 25% al Centro.