La Corte Costituzionale ha stabilito che la restituzione integrale della NASpI anticipata non è sempre lecita. In particolare, la sentenza n. 90/2024 ha dichiarato parzialmente incostituzionale la norma che obbliga i lavoratori a restituire per intero l’indennità di disoccupazione anticipata nel caso in cui l’attività imprenditoriale fallisca per cause di forza maggiore.
Il riferimento normativo è l’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, che regolamenta gli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e la ricollocazione dei lavoratori disoccupati. La decisione della Corte specifica che, in caso di fallimento dell’attività per cause non imputabili al lavoratore, il rimborso deve essere limitato alla quota corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato eventualmente svolto.
La giusta misura del rimborso
Non si parla di restituzione illegittima se l’attività imprenditoriale non va a buon fine per motivi di mercato. Il lavoratore che sceglie di avviare un’attività utilizzando l’indennità NASpI anticipata deve accettare il rischio imprenditoriale associato. Tuttavia, quando l’attività fallisce per cause di forza maggiore, come avvenuto nel caso analizzato dalla Corte, il rimborso totale dell’indennità può risultare eccessivamente gravoso e sproporzionato.
Il caso specifico esaminato riguardava la chiusura di un bar a causa della pandemia e l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui era stata concessa l’indennità. La Corte ha ritenuto che obbligare il lavoratore a restituire integralmente l’anticipazione in queste circostanze costituisca una violazione dei suoi diritti, in quanto gli impedisce di sostenersi accettando un altro lavoro durante il periodo di copertura della NASpI.
Le cause di forza maggiore e i diritti del lavoratore
Le cause di forza maggiore che giustificano la non restituzione integrale della NASpI includono eventi imprevisti e inevitabili come calamità naturali o crisi sanitarie e secondo la Consulta, se il lavoratore si trova costretto a cessare l’attività per tali cause e nel frattempo accetta un lavoro subordinato, il rimborso deve essere limitato alla quota corrispondente alla durata del nuovo impiego.