Lo spettro S&P: rating Italia potrebbe finire a livello “spazzatura”

Di Redazione FinanzaNews24 5 minuti di lettura
Wall Street

Sarà una lunga giornata di passione in attesa questa sera del verdetto di S&P, la prima delle “tre sorelle” (le agenzie di rating statunitensi) a risolvere la review sul rating sovrano dell’Italia. Moody’s infatti si esprimerà a maggio e per il giudizio di Fitch si dovrà aspettare a fine luglio.

E già si prospetta una bocciatura da parte di S&P Rating, che potrebbe declassare il merito di credito del Paese a “spazzatura” (junk). I tempi sembrano già maturi anche se qualcuno ha ipotizzato che l’agenzia potrebbe prendere altro tempo. Quali sono i motivi dell’impietoso giudizio di S&P? Quali le sue conseguenze? Il rischio è altissimo e la BCE si è già allertata tanto da aver tenuto un meeting urgente in videoconferenza per preparare un “paracadute” che salvi l’Italia e la stabilità dell’Eurozona. Già, perché il declassamento a spazzatura della terza più grande economia europea, che non è certo la Grecia, avrebbe ripercussioni sull’intero blocco dell’Euro.

LE VALUTAZIONI DI S&P

La scala di valori normalmente utilizzata da S&P va dalla tripla A, che corrisponde al massimo livello, gli investimenti definiti Prime, quindi sicuri, fino ad attivare al grado D, che corrisponde al possibile default. In generale, sono definiti di investment grade, abbastanza sicuri, tutti i rating fino alla tripla B, suddivisi in tre classi: Alto (tripla  e doppia A), medio (singola A) e basso (tripla B). Da questo livello in giù gli investimenti vengono definiti speculativi (BB) o altamente speculativi (B) fino appunto ad arrivare a quelli più rischiosi(le classi C)  ed al collasso (D).

Cosa significa questo? Se un investimento investment grade è sicuro, quindi scalabile da parte dei grandi fondi internazionali e delle banche centrali, quelli di grado speculativo sono di esito incerto, il rischio di investimento è elevato, così come i rendimenti che il Paese emittente deve pagare per collocare le sue emissioni di titoli. Ne deriva che nessun investitore internazionale si accollerà questo rischio, eco perché le emissioni vengono definite “spazzatura” (in gergo junk).

In questa scala di valori l’Italia si trova appena due gradini sopra questo livello – il suo rating è BBB – e potrebbe finire o in BBB- (scelta improbabile) o addirittura  in zona “spazzatura (a partire dal grado BB).

IL RISCHIO E’ ELEVATO E LA BCE SE NE E’ ACCORTA

La possibilità che questo accada non è passata sottogamba ed ha già allertato la BCE, che si è riunita d’urgenza per mettere a punto quello che viene definito un paracadute per l’Italia e l’Eurozona.

I Programmi di acquisto titoli dell’Eurotower – ultimo il PEPP –  hanno sempre riguardato emissioni investment grade, niente spazzatura quindi, ma ora Francoforte ha deciso di allentare questo vincolo, consentendo anche l’acquisto di bond di grado inferiore. Una idea che le è stata suggerita dalla Fed, che recentemente ha fatto lo stesso, considerando il peggioramento indotto dall’epidemia di Covid-19 di molti emittenti (sovrani e corporate).

Una decisione che garantirà stabilità alla Zona Euro e la possibilità per il Tesoro italiano di piazzare titoli di stato a rendimenti non altissimi, grazie agli acquisti effettuati dalla BCE. Un rischio “Grecia” scampato.

I MOTIVI DEL GIUDIZIO IMPIETOSO

Perché l’Italia potrebbe essere declassata? Le ragioni risiedono nei numeri che stanno uscendo proprio in queste ore. Il nuovo DEF che il Governo sta mettendo a punto dovrebbe confermare un PIL in caduta dell’8% ed uno scostamento di bilanci pubblico di 55 miliardi, che farà schizzare il Deficit al 10,4% dall’1,6% ed il Debito pubblico al 155,7% dal 134,8%.

Tutto questo per l’effetto pandemia e per le ingenti spese che l’Italia si prepara ad affrontare, con l’incertezza se il Governo farà o meno ricorso al MES “light”, posto che sul Recovery Fund si deve ancora lavorare (almeno sino ai primi di maggio).

RISCHIO PAESE CON CONSEGUENZE SU BANCHE ED IMPRESE

La possibilità che l’Italia venga declassata non lascerà indenne la nostra economia, non solo il Tesoro che farà fatica a collocare quantità di titoli di Stato sempre più ingenti, ma anche banche ed imprese.

Un rating Junk infatti si rifletterà sul rendimento dei titoli di Stato collocati, che schizzerà, facendo gonfiare il termometro dello Spread. Inoltre, le banche, che hanno in “pancia” grandi quantitativi di titoli statali, dovranno ben presto contabilizzare ingenti svalutazioni.

E se crolla Sansone, crollano anche i filistei: tornati sotto pressione i bilanci delle banche, queste irrigidiranno le condizioni di credito alle imprese, provocando quello che viene chiamato credit crunch, ovvero una stretta di finanziamenti ad imprese e famiglie, con il risultato di vanificare tutti gli sforzi del Governo per far ripartire l’economia. Un circolo vizioso.

Meglio sperare nella clemenza di S&P e nello “scudo” approntato dalla BCE.

Articolo originale di Quifinanza.it.

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