La notizia di un’inversione di rotta e di apertura del Presidente della BCE, ChristineLagarde, ha già avuto un’influenza positiva sui mercati e già trapelano notizie sulle possibilità dello scudo anti-spread ma storicamente ( dal 2012 quando fu ipotizzata) questa misure non è sostenibile e deve essere ripensata alla luce della situazione attuale. Lo sa bene la BCE che ha messo già a lavoro i suoi tecnici
Lo scudo anti-spread è per definizione: “il meccanismo di difesa messo a punto nel 2012, con le Omt (Outright Monetary Transactions), per sostenere la domanda di titoli dei paesi ‛virtuosi’ (impegnati in politiche orientate al pareggio di bilancio e alla riduzione del debito pubblico) che risultano esposti ad attacchi speculativi a causa dell’elevato livello del loro debito pubblico o dell’effetto di contagio da altri paesi”.
Si fa presto a parlare di questa misura ma occorre ricordare che lo scudo anti-spread del 2012 prevedeva l’utilizzo del Fondo salva stati (Esm o Mes), con la richiesta dello Stato interessato e la firma di un accordo vincolante e sottoposto a condizioni stringenti, per acquistare titoli di Stato sul mercato primario (le aste del Tesoro) o su quello secondario (dove si scambiano titoli già emessi). Le operazioni sarebbero state gestite dalla Banca centrale europea che avrebbe svolto un ruolo di mediazione, senza quindi accollarsi perdite o guadagni connessi ad acquisti e vendite di titoli.
Quello proposto dalla BCE nel 2022, che sarà studiato dagli uffici tecnici e poi portato all’approvazione del Consiglio, dovrà invece essere un nuovo strumento realmente efficace con caratteristiche diverse e condizioni di accesso più agili e automatiche. Lo sa bene la Banca Centrale Europea il cui Consiglio direttivo ha deciso di “conferire mandato ai pertinenti Comitati dell’Eurosistema insieme ai servizi della Bce per accelerare il completamento della progettazione di un nuovo strumento anti-frammentazione da portare all’esame del Consiglio direttivo”.