(Money.it) L’intelligenza artificiale è una delle protagoniste indiscusse di tutto il settore tecnologico negli ultimi mesi. Intorno a essa si è generato, grazie a un notevole contributo di noi umani, un grande dibattito non scevro da timori e preoccupazioni per evoluzioni future e ripercussioni sul mondo lavorativo su molti settori professionali, non da ultimo quello del giornalismo.
Al netto di tecnicismi e dei campi di applicazione nei quali oramai è diventata una realtà consolidata (si pensi ai lavori ripetitivi o alla necessità di elaborare ingenti moli di dati) c’è da chiedersi se tale tecnologia sia stata davvero ben messa a fuoco o se lo storytelling generato non la stia semplicemente sottovalutando o sopravvalutando nelle sue caratteristiche precipue.
La domanda secca e diretta da porsi è se sia davvero così intelligente tanto da paragonarla a quella umana? Lo abbiamo chiesto a Massimo Chiriatti, uno dei maggiori tecnologi italiani e autore, tra l’altro, del libro “Incoscienza artificiale. Come fanno le macchine a prevedere per noi”.
La risposta diretta e inequivocabile scaturita è no, posizione, in realtà, già ben chiara dal titolo stesso del testo. L’IA non solo non è intelligente perché è difficile dare un’univoca definizione di intelligenza maè altresì incosciente perché non sa quello fa. Le manca, quindi, un aspetto fondamentale che per fortuna appartiene al genere umano: la consapevolezza di sbagli
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