Nella Pubblica Amministrazione l’equo compenso è soggetto a limiti di spesa pubblica. Il TAR Lazio si è pronunciato sul tema con la sentenza n. 9404/2021, che ha suscitato non poche polemiche, rilevando che la P.A. deve applicare la disposizione per garantire la tutela dei professionisti dall’importo della retribuzione percepita “collegandosi” ai parametri di maggiore flessibilità, che possono comportare anche il pagamento di commissioni abbastanza contenute.
A parere del TAR Lazio, nell’applicare il principio dell’equo compenso, le PA devono tenere conto della necessità di contenere la spesa pubblica e della natura delle attività che lo specialista è chiamato a svolgere. Per intendere bene il concetto, nella Pubblica Amministrazione, l’applicazione dell’equo compenso va valutata di volta in volta e scatta solo se vengono rispettati alcuni vincoli ovvero:
- per esigenze di contenimento della spesa pubblica (i giudici del TAR citano la clausola di invarianza finanziaria prevista dal comma 4 dell’articolo 19 quaterdecies del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172 e successive modifiche);
- per la natura delle attività da svolgere (nel caso specifico, il fatto che il lavoro riguardasse solo attività ritenute ripetitive e seriali per il TAR bastava a rendere congrui e dignitosi i compensi previsti dall’INPS).
La vicenda, finita a TAR del Lazio, parte dalla pubblicazione di un avviso da parte dell’INPS che ricercava n. 77 professionisti avvocati per svolgere incarichi di domiciliazione e/o sostituzione in udienza presso gli Uffici giudiziari del circondario del Tribunale di Roma e degli atti presupposti. I compensi offerti erano i seguenti: 250 euro per le domiciliazioni, 80 euro per le sostituzioni, 105 euro per cause superiori alle 25, con una media per udienza di 4,2 euro.
L’ordine degli avvocati di Roma, con l’intervento di un’associazione che difende i diritti degli avvocati, ha presentato subito ricorso al TAR in quanto i compensi erano da ritenersi “non in linea con la norma dell’equo compenso” e troppo esigui.
La vicenda è però finita male. Il TAR ha decretato corretto l’Avviso pubblico ha ritenuto corretto l’Avviso dell’ Istituto Nazionale Previdenza Sociale con la motivazione che: “per la Pubblica Amministrazione trova sì applicazione il concetto di equo compenso, ma non entro i rigidi e ristretti parametri di cui al DM 55/2014″.