Pensioni d’oro si pronuncia la Corte Costituzionale: Scopriamo quali sonole tre aliquote e gli scaglioni
La riduzione delle pensioni in oro (oltre 100.000 euro annui) è un provvedimento molto dibattuto che è stato valutato nei mesi scorsi anche dalla Corte Costituzionale, che lo ha dichiarato legale sotto tutti gli aspetti tranne uno: il quinquennio, che è considerato eccessivo. Si tratta di una norma alla quale il Legislatore deve attenersi. Non sono ancora passati cinque anni, quindi non ci sarà bisogno di misure di adeguamento retroattive, ma ci sarà una semplice fermata a fine 2021. Invece, la rivalutazione totale dei trattamenti è stata aumentata ad un minimo di tre volte e diminuita in un quantità maggiore. Si tratta di due misure introdotte diversi anni fa dalla Legge di stabilità, ma la decisione della Corte è intervenuta applicando alcune modifiche alla norma primaria, in vigore dal gennaio 2022.
Il taglio sulle pensioni d’oro, sul quale la pronuncia della Corte è stata più critica è contenuto nei commi da 261 a 268 della legge 145/2018. Si tratta di un prelievo sulle pensioni superiori a 100mila euro lordi, con un meccanismo a scaglioni. Sono escluse le pensioni interamente contributive (quindi, il contributo di solidarietà riguarda solo le pensioni che hanno almeno una quota retributiva). La riduzione è prevista applicando le seguenti aliquote:
15% sulla parte di pensione fra 100mila e 130mila euro;
25% fra i 130mila e i 200mila euro;
il 30% fra i 200mila e i 350mila euro;
il 35% fra i 350mila e i 500mila euro;
il 40% per la parte eccedente i 500mila euro.
In base alla norma primaria, questo taglio dovrebbe essere effettuato per cinque anni, a partire dal primo gennaio 2019 (quindi fino al 2024). E’ questa la parte che la Corte non ha ritenuto legittima, ritenendo il periodo troppo lungo.