Manovra 2023: incentivare il lavoro alternativo alla quota di pensione 103 trasferendo i contributi in busta paga
I lavoratori che soddisfano i requisiti della quota 103 nel 2023 (62 anni e 41 contributi) ma scelgono di restare al lavoro, possono scegliere di percepire subito parte dei contributi previdenziali versati da altri, guadagnando così uno stipendio senza vincoli e quindi più difficoltoso.
Lo prevede la Legge di Bilancio 2023 (il testo è stato firmato dal capo dello Stato, giunto alle Camere, le prime udienze sono previste per i fine settimana), proponendolo in alternativa alla nuova formula di flessibilità verso l’esterno prevista nel prossimo Manovra economica dell’anno.
Incentivo salariale per rimanere sul posto di lavoro
Si tratta di un incentivo alla permanenza per i lavoratori che, nonostante il cumulo dei requisiti pensionistici di Quota 103, attuato in via pilota per il 2023, decidono di restare in servizio. In pratica, il datore di lavoro non trattiene più i contributi previdenziali per la futura pensione del lavoratore (quelli versati dal lavoratore stesso), ma versa direttamente insieme alla retribuzione l’importo corrispondente. Si tratta di un meccanismo del tutto simile a quello già previsto nel triennio 2004-2007 per il cosiddetto Premio Maroni.
Il motivo è quello di incentivare questi lavoratori a non andare in pensione in attesa della maturazione dei requisiti pensionistici previsti dalle regole Fornero. Bisognerà attendere le disposizioni attuative per capire esattamente come si applicherà questa nuova norma, ma le condizioni sono già chiare nel testo della Manovra.
L’audizione dei beneficiari – “salario alto”, che comprende anche i contributi teoricamente versati dal lavoratore, riguarda esclusivamente coloro che hanno soddisfatto il requisito della quota 1013, cioè almeno 41 anni di contributi e 62 anni di età.
Scelta facoltativa. La decisione di utilizzare tale incentivo per restare al lavoro spetta interamente al lavoratore; la società non può in alcun modo imporre tale decisione al dipendente.
pensione futura. Quando un dipendente utilizza questa opzione, non accumula più i propri contributi previdenziali, quindi l’importo individuale su cui verrà calcolata la pensione rimane invariato.
Varianti con requisiti di quota 103
In sintesi, dal 2023 un lavoratore con 41 anni di contributi e 62 anni di età avrà tre diverse opzioni.
Pensionamento con quota 103: In questo caso ricevi subito un assegno previdenziale maturato sulla base dei contributi versati, senza penalità di ricalcolo (trattenendo le quote di stipendio derivanti da versamenti effettuati prima del gennaio 1996). C’è però un limite: fino a quando non compie 67 anni, requisito per riscuotere la pensione di vecchiaia, non può avere un assegno superiore a cinque volte la pensione minima (circa 2.800 euro). Pertanto, se i contributi versati prevedono una pensione più elevata, è prevista una sanzione, poiché l’intera prestazione sarà percepita solo quando sarà maturata la necessità della pensione di vecchiaia. Fino ad allora, il lavoratore riceverà un assegno pari a cinque volte la pensione minima. Se, al contrario, i contributi versati prevedono una pensione cinque volte inferiore al minimo, non è prevista alcuna sanzione.
Restare al lavoro fino alla pensione La Fornero è già vicina, soprattutto, a quanto previsto, che prevede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. In pratica la differenza tra quota 103 e prepensionamento per le donne è di dieci mesi, per gli uomini di un anno e dieci mesi.
Rimanere al lavoro accettando il premio in busta paga, ovvero decidendo di non contribuire più alla previdenza sociale, ma aumentando lo stipendio della quota corrispondente: in questo caso sarà il lavoratore a decidere quando andare in pensione, tenendo conto che l’assegno maturerà sulla premi pagati in sede di esercizio dell’opzione.
Il vantaggio per il lavoratore che sceglie quest’ultima opzione è che, pur accumulando il diritto alla pensione, continua a percepire una retribuzione che sarà più alta, poiché perde anche i premi assicurativi.
Il rovescio della medaglia, però, è che si ritroverà con una pensione inferiore a quella che avrebbe se avesse continuato a versare i contributi previdenziali, percepito un importo inferiore e applicato un fattore di trasformazione dell’iscrizione inferiore.
C’è anche una seconda carenza, di natura fiscale: qui bisogna attendere i dettagli, ma se (come sembra) la legge non prevede agevolazioni in tal senso, allora le eccedenze derivate dagli stipendi sono elementi della ricompensa e sono tassati come tali. Quindi, in pratica, il lavoratore pagherà più tasse.