La Giornata Mondiale della Terapia Occupazionale

Di Antonia De La Vega 3 minuti di lettura

Si è celebrata oggi con numerose iniziative in tutto il globo e anche in Italia la Giornata Mondiale della Terapia Occupazionale. L’iniziativa si ripete da 11 anni grazie all’impegno della Federazione Mondiale dei Terapia Occupazionale. La prima edizione si ebbe il  27 ottobre 2010. Da allora è diventata la data più importante per promuovere e celebrare la professione a livello internazionale.

Il tema di quest’anno è “Belong. Be you.” (“Partecipa. Sii te stesso”): un invito a riflettere sulla forza della diversità e dell’inclusione e su come lavorare assieme per costruire spirito di comunità e resilienza.

“L’attenzione simultanea a problemi multipli e complessi – si legge in un comunicato -, agli aspetti funzionali e alla qualità della vita e la necessaria interazione tra cure mediche, sociali e di supporto contribuiscono a rendere difficile l’approccio e l’assistenza. L’incremento della disabilità implica inoltre, un aumento nella richiesta di servizi finalizzati all’assistenza e al sollievo nonché una necessaria pianificazione dell’intervento attraverso la giusta utilizzazione delle risorse disponibili. Da un punto di vista clinico, si ha bisogno di una integrazione di servizi sanitari e sociali finalizzati a realizzare, attraverso diverse figure professionali, un piano di intervento individualizzato tramite una adeguata valutazione delle aree problematiche della persona”.

“I terapisti occupazionali – evidenzia Aito – sono professionisti della salute altamente istruiti che hanno una formazione specializzata in componenti fisiche, cognitive e affettive della performance umana. Tuttavia i benefici della terapia occupazionale non sono ben noti e terapisti occupazionali spesso non sono riconosciuti per la loro competenza e conoscenza. L’incremento della spesa per le persone non autosufficienti è destinato a crescere per vari fattori che agiscono tutti nello stesso senso di aggravamento della spesa per lo Stato: in primo luogo l’aumento sia del numero sia dell’età media degli anziani, in secondo luogo la diminuzione della possibilità di assistenza familiare per la diminuzione del numero dei componenti della famiglia. E’ necessario riconoscere e integrare importanti influenze non cliniche con la medicina basata sull’evidenza senza compromettere lo standard”

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