La crisi del turismo in Italia è un dato di fatto. Ne approfittano gli investitori stranieri

Di Barbara Molisano 3 minuti di lettura
Turismo Italia

Tra i molti settori penalizzati dall’improvvisa esplosione della pandemia con le sue conseguenze, il turismo, come previsto in un paese come l’Italia, è senza dubbio uno di quelli che hanno pagato il prezzo più alto.

Le restrizioni sui voli verso il nostro Paese e le raccomandazioni per limitare i viaggi verso l’Italia stanno causando danni devastanti in un settore chiave e una catena di approvvigionamento per la nostra economia già in difficoltà.

Sono tantissime le testimonianze che danno l’idea di un realtà sempre più complicata, dove i turisti stranieri sembrano voler approfittare della situazione.

Pochi hotel che, nonostante la fine delle restrizioni, sono riusciti a tornare alla normalità, soprattutto da quando il duro nucleo di turisti americani, giapponesi, cinesi ed europei ha smesso di viaggiare. Soprattutto, è difficile prevedere ora cosa accadrà nei prossimi mesi con l’incertezza della persistente seconda ondata.

La verità è che i grandi gruppi di investimento internazionali che, dopo la crisi, hanno mosso i primi passi per trarre vantaggio dalla debolezza economica di molti albergatori e confiscare alcune proprietà il cui valore inevitabilmente è diminuito, ne giovano sicuramente.

I numeri catastrofici

Finora, i numeri sono spietati e la lunga ondata di crisi deve essere temuta. 29 milioni di presenze a Roma nel 2019, secondo i dati dell’Istat che, nella relazione di fine anno, indicavano nel 69% il numero di stranieri.

“La situazione ora è drammatica – sottolinea Giuseppe Roscioli, direttore di Federalberghi – In questo momento solo il 25% degli hotel è stato riaperto perché i costi sono troppo elevati e senza clienti non è possibile sostenere spese amministrative e di personale”. Temiamo che in futuro a questo ritmo, in meno di un anno, il 40% delle aziende non esista più: uno scenario di shock, ovviamente il più catastrofico che potrebbe peggiorare, soprattutto se con l’autunno / In inverno il virus aumentasse le sue prove costringendo a reintrodurre misure e limitazioni restrittive.

L’Agenzia nazionale del turismo stima un calo del 55% con una perdita di 23 miliardi.

A pagare il conto più salato sono Venezia e Firenze. Nelle ultime settimane, le prenotazioni sono pervenute principalmente dai paesi europei più vicini.

“Su richiesta della Cina e degli Stati Uniti, non c’è nemmeno ombra e molti hotel di lusso, soprattutto nelle città d’arte e degli affari, hanno deciso di non riaprire perché ciò non è pratico”, spiega Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, senza calcolare che “i voli stranieri acquistati per raggiungere l’Italia fino al 19 luglio sono diminuiti del 91,4%”.

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