La Cina dichiara “guerra” all’Euro: yuan sempre più forte negli scambi mondiali

Di Redazione FinanzaNews24 3 minuti di lettura
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(Money.it) Cina: la sfida all’Occidente passa anche attraverso la forza delle valute e lo yuan, sempre più presente negli scambi mondiali, è una vera minaccia per l’euro.

A rivelarlo è un’analisi del Financial Times, secondo la quale la quota dello yuan nella finanza commerciale è più che raddoppiata dall’invasione dell’Ucraina, con un’impennata che secondo gli analisti riflette sia un maggiore utilizzo della valuta cinese per facilitare il commercio con la Russia, sia l’aumento del costo del finanziamento in dollari.

L’euro, che pesa per il 6% in valore nel commercio internazionale, è di fatto pressato dalla crescita repentina e strategica della forza dello yuan. Il piano della Cina contro Europa e Usa è in atto. Una nuova guerra di valute si fa strada?

Cina: lo yuan avanza e minaccia (anche) l’euro

I dati sul finanziamento commerciale di Swift, la piattaforma internazionale di pagamenti e finanziamenti, parlano chiaro: la quota di mercato dello yuan in valore è passata da meno del 2% nel febbraio 2022 al 4,5% un anno dopo. Questi guadagni mettono la valuta cinese in stretta contesa con l’euro, che rappresenta il 6% del totale.

Entrambi sono, tuttavia, ancora una piccola frazione della quota del dollaro, che si è attestato all’84,3% nel febbraio 2023, in calo rispetto all’86,8% dell’anno precedente.

Una svolta, comunque, c’è e riguarda fortemente la strategia del dragone. La quota crescente della valuta cinese nella finanza commerciale – in cui i prestatori concedono credito per facilitare il movimento transfrontaliero delle merci – rappresenta un vantaggio per Pechino nella sua spinta ad accelerare l’internazionalizzazione dello yuan e una dura sfida per l’Occidente, che ha cercato di utilizzare sanzioni per impedire alle principali istituzioni finanziarie russe di utilizzare Swift.

Da sottolineare che la People’s Bank of China ha condotto una campagna di internazionalizzazione negli anni precedenti l’agosto 2015, quando una svalutazione ha portato a una grave fuga di capitali. Ciò ha costretto la banca centrale a invertire la rotta e imporre controlli draconiani sui capitali che hanno bloccato i progressi della C


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