Joint venture: cos’è, come funziona e perché è utile

Di Redazione FinanzaNews24 4 minuti di lettura
Finanza ed economia

(BorsaeFinanza.it)

Molto spesso le aziende fanno una joint venture per partecipare insieme a uno o più affari nei settori in cui operano. In Italia questa formula coinvolge più che altro le grandi imprese, mentre è poco utilizzata per le realtà di dimensioni inferiori. Entriamo maggiormente nel dettaglio scoprendo in cosa consiste una joint venture, quali sono le caratteristiche principali, le varie forme che è possibile adoperare, nonché i vantaggi e i rischi che un’alleanza di questo tipo apporta.

Joint venture: caratteristiche e funzionamento

La joint venture dal punto di vista normativo fa parte della categoria dei contratti atipici, quindi non ha una legislazione dedicata. Letteralmente il contratto può definirsi come una collaborazione tra due o più soggetti giuridici in cui vengono uniti mezzi propri costituiti da capitale, lavoro e professionalità per un progetto comune. Il motivo per cui si fa una joint venture è essenzialmente per unire le forze in modo da raggiungere più facilmente l’obiettivo, limitando nel contempo il rischio.

Una delle caratteristiche peculiari della joint venture è la condivisione di clienti, capitale, attività produttive e know-how per uno scopo che interessa tutti i partecipanti, mantenendo però l’autonomia. Quindi ogni parte non può agire in nome dell’altra, ma solo per conto e limitatamente all’accordo stipulato. Un’altra caratteristica importante è che le joint venture hanno una data di inizio e una data finale, in un periodo di tempo che dura solitamente diversi anni. Alla scadenza, il contratto può essere rinnovato oppure si esaurisce in via del tutto naturale. Molto dipende se lo scopo sia stato raggiunto o meno. Nel caso delle joint venture societarie, il contratto può essere anche a tempo indeterminato. L’amministrazione dell’azienda nata dalla partnership è comune e funzionale alle quote di partecipazione di ogni socio.

Joint venture: tipologie

Le classificazioni delle joint venture possono essere molte, sulla base di alcuni criteri. A seconda del contratto che viene stipulato si distingue tra:

  • joint venture contrattuali, dove tra le imprese si ha un accordo associativo atipico, per effetto del quale ognuna si mantiene distinta dall’altra e tutte mirano a raggiungere un obiettivo comune in un lasso di tempo definito. In questo caso, i profitti vengono suddivisi a seconda del tipo di obiettivo. Se quest’ultimo è ad esempio quello di creare un profitto da un investimento specifico, le parti potrebbero decidere di spartirsi i guadagni nella misura in cui partecipano all’investimento; se invece il target è quello di conquistare quote di mercato per ottenere una posizione di leadership, gli utili potrebbero essere suddivisi in parti uguali in quel mercato una volta arrivati a target;
  • joint venture societarie, in cui due o più aziende fondano una società autonoma ad hoc, chiamata newco, nella quale le società sono azionisti che partecipano per uno scopo comune. I profitti in tale circostanza vengono suddivisi solitamente in base alla quota di partecipazione societaria nell’alleanza allorché viene realizzato lo scopo.

Proprio in base allo scopo che ogni attore è intenzionato a perseguire, è possibile fare un’ulteriore classificazione in:

  • joint venture per la distribuzione, dove lo scopo è quello di distribuire/vendere prodotti o servizi in un mercato diverso da quello di produzione. In sostanza, accade che una società che produce beni in un Paese si integra con un’altra situata in un Paese diverso che sfrutta la rete di contatti, strumenti di marketing, forza di vendita e altri servizi per la distribuzione/vendita;
  • joint vent

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