Il green che conquista l’edilizia e si sofferma sulla Direttiva europea per l’efficienza energetica

Di Alessio Perini 3 minuti di lettura
Green Bond

Non è ancora stata approvata la Direttiva UE sul rendimento energetico nell’edilizia (EPBD), che sta già suscitando polemiche: l’iter parlamentare europeo inizia a febbraio, ma in Italia è già scoppiato un acceso dibattito sul contenuto della direttiva. Progetto.

Building performance: nuovi impegni UE

La direttiva europea in bozza prevede l’adeguamento energetico degli edifici residenziali in due fasi: classe energetica E entro il 2030 e classe D entro il 2033 (le classi in totale sono dieci, dalla più alta A4 alla più bassa G).
Attualmente le eccezioni sono pochissime: edifici di interesse storico, luoghi di culto, case vacanza (con regole particolari sui mesi di utilizzo annuale e relativi consumi energetici), singoli edifici (come le ville) con una superficie coperta inferiore a 50 mq. metro quadro.

La situazione nel Belpaese

Il governo italiano si è già detto contrario a costringere gli edifici ad adeguarsi ai sensi della prossima direttiva, che rientra nel pacchetto Fit for 55 (che mira a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030).
Il motivo è che un tetto così rigido imporrebbe ai contribuenti una ristrutturazione onerosa in un momento già difficile per l’economia (il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, parla di “patrimonio mascherato”), e svaluterebbe anche il edifici con classe energetica inferiore.

In Italia, secondo l’Ance (Costruttori Edili), infatti, il 74% degli edifici non è conforme alla direttiva: oltre 9 miliardi dei 12,2 miliardi di edifici residenziali. Confedilizia rincara la dose, secondo la quale “in molti casi gli interventi richiesti saranno addirittura fisicamente impossibili per le particolari caratteristiche degli edifici in questione”. Inoltre: “Termini molto brevi determineranno tensioni di mercato senza precedenti, con rincari spropositati, impossibilità di reperire materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti”.
Tra le proposte delle associazioni imprenditoriali, pur con un orientamento diverso, c’è qualcosa di comune: procedere con misure di incentivazione invece che con obblighi di legge. Non è un caso che la direttiva preveda che gli Stati membri adottino adeguate misure finanziarie a sostegno delle famiglie che incontrano difficoltà di compliance. Certo, si tratta di una richiesta piuttosto difficile per il tesoro degli Stati membri, già provata dalla lotta contro i prezzi elevati e l’inflazione galoppante.

Il processo di approvazione

Vediamo se la bozza cambia alla luce delle discrepanze emerse. La versione finale della direttiva sarà presentata alla Commissione Parlamentare ITRE (Industria, Ricerca ed Energia) il 9 febbraio. Il dibattito si preannuncia complesso, con oltre 1.500 emendamenti. Il processo proseguirà poi nell’Aula di Strasburgo, e il testo che sarà finalmente votato dovrà passare attraverso un altro giro di negoziati, in cui il Consiglio dell’UE, composto dai capi di Stato e di governo dei 27 paesi partecipanti.

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