Non vi è una correlazione diretta tra la posizione geografica e disuguaglianza di reddito. I dati raccolti dall‘INPS infatti dimostrano come nonostante ci sia una grande differenza di reddito tra province, meno del 4% della disuguaglianza totale dei redditi annuali può essere attribuita a differenze geografiche.
Un’eccezione forse la fa il lavoro femminile per il quale il rapporto tra la posizione geografica e il reddito ha un valore del 10.2%, ma ciò dipende molto dalle grandi differenze nella
partecipazione alla forza lavoro femminile.
Secondo uno stereotipo, anche avvalorato da una difficile storia dell’unificazione del paese e dalle diverse dominazioni, l’Italia presenta un Nord ricco e un Sud povero. In effetti lo dicono anche i dati: il reddito medio al nord è sostanzialmente più alto che al sud. Di conseguenza, si potrebbe pensare che il luogo di nascita sia un determinante importante del reddito degli italiani
e, di conseguenza, che i nati nelle province con redditi medi più elevati giochino alla lotteria di vita con carte migliori di quelle nate nelle province meridionali.
Lo smentisce l’INPS che nel suo WorkINPS paper ci spiega come la geografia gioca solo un ruolo marginale nel determinare la disuguaglianza tra italiani. Sì, il Nord è più ricco ma la differenza di reddito in media tra le province ricche e quelle povere è molto più piccola delle differenze tra persone che risiedono in una determinata provincia. Cioè: ci sono molte persone molto ricche nel Sud e tanti poverissimi al Nord.
Queste differenze all’interno delle province sono così grandi che nella lotteria generale della vita, la geografia (la differenza tra le province) è un fattore irrilevante.
L’assenza di un gradiente geografico alla struttura della disuguaglianza in Italia non è un dato di fatto solo nella sezione trasversale ma anche, e soprattutto, nel calcolo del reddito vitalizio degli individui. Calcolare il reddito vitalizio di una coorte di italiani (nati nel 1960) in base alla provincia in cui una persona è nata (o risiede) è essenzialmente inutile.
Questo risultato può sorprendere o meno ma non è affatto scontato. In Italia la posizione geografia non impatta sul reddito come le altre variabili che possono essere invece l’istruzione, il genere e il settore di attività.
Queste variabili infatti aiutano a prevedere il reddito in misura migliore rispetto alla geografia: la tipologia di settore dove si è impiegati spiega circa il 25% delle differenze salariali, mentre l’istruzione spiega circa il 16% delle differenze salariali, la geografia invece rappresenta solo l’1,8% della varianza del reddito.
A parte invece è il discorso per le donne per cui ci sono differenze molto grandi in termini di partecipazione al lavoro attribuibile alla provincia di nascita. L’unico modo in cui la geografia agisce come motore della disuguaglianza in Italia è quello di previsione della partecipazione femminile alla forza lavoro e, quindi, al reddito.