Il 95% delle persone in terapia intensiva sono “non vaccinati”

Di Redazione FinanzaNews24 3 minuti di lettura
test sierologico Covid

In Italia il 95% dei pazienti che occupano i posti della terapia intensiva sono i “non vaccinati”. L’unico modo per proteggerci dalla quarta ondata è vaccinarsi e fare la terza dose per essere ulteriormente protetti. Crescono però i ricoveri dei pazienti fragili che hanno fatto due dosi e anche “i fragili meno fragili”  ovvero non più il diabetico, scompensato, con problemi polmonari e grande anziano, ma i grandi obesi oppure gravi ipertesi, con un’età dai 48 ai 59 anni

Nei reparti di terapia intensiva italiani la maggior parte dei pazienti ricoverati, il “95%”, non è vaccinata. Ma “la novità è che adesso iniziano a crescere vaccini fragili, immunizzati all’inizio di una campagna vaccinale, in cui la protezione degli anticorpi rischia di diminuire”. E che corrono il rischio di “far circolare il virus, benefico per chi non è stato vaccinato”.

Antonino Jarratano, nuovo presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) afferma:  “Qualche settimana fa, nei nostri padiglioni quasi tutti non erano vaccinati, con il 5% di vaccini fragili. Nelle ultime due settimane, i dati nel nostro sistema di tracciamento Siaarti sono diventati fragili con le vaccinazioni in varie parti del paese. , con differenze regionali che vanno dal 5 al 15%. E si cominciano anche a vedere “fragili meno fragili”, cioè non più diabetici, scompensati, con problemi polmonari e anziani, il cui equilibrio è particolarmente fragile. Ora vediamo anche pazienti che non hanno comorbilità gravi nel senso stretto del termine, stiamo parlando di pazienti molto obesi o gravemente ipertesi, dai 48 ai 59 anni. Pazienti che hanno solo uno di questi problemi. Per evitare di ricoverare persone vulnerabili nonostante siano state vaccinate due volte, oltre il 90% della popolazione ha bisogno di essere vaccinato. Non sono mai stati vaccinati per evitare la circolazione del virus, e con una terza dose per i deboli, anche con patologia a rischio, che sono stati vaccinati 9-10 mesi fa per aumentare la capacità della risposta immunitaria e impedire loro di entrare la nostra unità di terapia intensiva, come accade”.

 

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