Il 2023 premierà le pensioni minime? Nulla di fatto per la proposta “mille euro”

Di Antonia De La Vega 3 minuti di lettura
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L’aumento della pensione minima, promesso da gran parte dei partiti durante la campagna elettorale, è stato inserito nella legge di Bilancio 2023 e in alcuni emendamenti che hanno ravvivato negli ultimi giorni il dibattito politico sull’aumento dei pensionati.

L’idea di alzare le pensioni minime a 1.000 euro mensili, subito o a fine legislatura, sembra per ora irrealizzabile, e anche una proposta di 600 euro contrasta con la necessità di contenere la spesa sociale e non superarla.

Quali sono le possibilità nel prossimo futuro?

La via da seguire potrebbe essere quella di fissare la pensione minima a 570 euro per tutti o, come soluzione di compromesso, a 600 o 590 euro, ma solo per i pensionati di età superiore ai 75 anni.

Aumento delle pensioni minime per il 2023: previste modifiche alla legge di bilancio
Nel frattempo, il disegno di legge dice già nero su bianco che saranno aumentate le pensioni minime, in grado di compensare l’inflazione del 100 per cento fissata per il 2023 al 7,3 per cento. La pensione minima passerà dagli attuali 525,38 a 563,73 euro nel 2023, mentre l’importo annuo passerà da 6.829,94 a 7.328,49 euro.

Inoltre, le pensioni e le prestazioni sociali che non superano il minimo, eccezionalmente ea partire dal 1° gennaio 2023, aumenteranno ulteriormente dell’1,5% nel 2023 e del 2,7% nel 2024.

Gli aumenti sono da molti definiti straordinari, anche se temporanei, perché destinati a essere riassorbiti in due anni (art. 58 – comma 2 della legge finanziaria).

Si tratta di incrementi una tantum non correlati al riconoscimento di altre prestazioni reddituali che i pensionati normalmente riconoscono.

Tuttavia, per conoscere i reali incrementi e rivalutazioni bisognerà attendere la fine dell’anno per l’approvazione della manovra; restano comunque in vigore le norme vigenti nel 2022.

Pensioni minime: requisiti per percepirle

La pensione minima, comunemente confusa con l’assistenza sociale, è un regime diverso, che oggi, secondo l’Inps, interessa circa 2,5 milioni di pensionati.

Introdotto dalla Legge 638/1983, è l’importo massimo che deve essere garantito a tutte le persone per condurre una vita libera e dignitosa. L’importo rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione rilevato dall’ISTAT non è legato agli anni di contribuzione.

A prescindere da 10, 15 o 20 anni di contribuzione, l’integrazione minima è dovuta a tutti i pensionati, a meno che non vengano raggiunti i valori minimi stabiliti dalla legge.

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