I robot sono sempre più utilizzati in numerosi settori. Secondo OCSE infatti sostituiranno gli esseri umani per il 14% dei settori. Non hanno malattie e lavorano 24 ore su 24. Grazie a questa rivoluzione del settore del lavoro ci sarà la necessità di nuove professioni.
I robot ci ruberanno davvero posti di lavoro e quello della robotica é un settore in continua espansione che prevederà ulteriori rivoluzioni. L’IA e la robotica si sono già dimostrate in grado di risolvere problemi che le tecnologie tradizionali non possono affrontare, come i problemi di flessibilità e continuità delle operazioni, nonché i problemi legati alla sicurezza dei lavoratori.
I robot per esempio non vanno incontro a disturbi muscoloscheletrici, una delle malattie professionali più diffuse in Italia. Un recente studio, “Smetti di preoccuparti e ama un robot: un approccio basato sulle attività per valutare l’impatto dell’automazione robotica sulle dinamiche occupazionali”, condotto da ricercatori dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), dell’Università di Trento e del L’Istituto di Statistica della Provincia di Trento (ISPAT), ha rilevato che le aziende che introducono la robotica hanno visto una riduzione delle attività fisiche. Ma i robot non sono ancora in grado di sostituire l’operatore al 100%, vi sono ancora problemi di natura cognitiva. Lo studio ha analizzato l’impatto della robotica sull’occupazione e ha distinto tra le attività che integrano i robot e quelle in cui il dipendente corre il rischio di essere sostituito da essi. L’indagine ha utilizzato dati INAPP molto dettagliati per le 800 professioni presenti nel nostro Paese. Sulla base di questi dati, è stato indagato l’impatto dell’adozione della robotica nelle aziende in due categorie di lavoratori: gli operatori di robot, cioè i lavoratori coinvolti nella progettazione, installazione e manutenzione di robot, e quelli più esposti ai robot.
I risultati hanno mostrato che le categorie potenzialmente a rischio non sono state influenzate dall’adozione dei robot, mentre il numero di posti di lavoro per i lavoratori robotici è aumentato del 50% in poco meno di un decennio, specialmente nelle aree in cui hanno utilizzato robot industriali.
Pertanto, i ricercatori hanno concluso che l’introduzione della robotica nelle aziende italiane nel periodo 2011-2018 non ha causato un aumento della disoccupazione. Al contrario, sebbene in misura minore, ha avuto l’effetto opposto.Un fenomeno chiamato “effetto payback”: più si investe in robotica, più aumentano i lavoratori che compiono azioni aggiuntive.L’effetto, di cui ha parlato anche il World Economic Forum, che nelle sue proiezioni per il 2018 stimava che la metà degli attuali posti di lavoro sarà svolta da robot entro il 2025, il che si traduce nella perdita di 75 milioni di posti di lavoro. Tuttavia, allo stesso tempo, i robot creeranno 133 milioni di posti di lavoro speciali aggiuntivi, con 58 milioni di nuovi posti di lavoro creati.
L’automazione uccide i lavori meno specializzati, quelli che una persona non vuole più fare o non ha mai voluto fare. Tuttavia, per sfruttare questo effetto di ritorno, è necessario dotare la forza lavoro delle competenze necessarie per svolgere questi lavori e professioni più specializzati.
Lo studio dovrebbe esaminare anche altri aspetti. La situazione per esempio è molto diversa in Italia, dove la struttura aziendale è rappresentata da micro, piccole e medie imprese. Pertanto, gli studi dovrebbero tenere conto del fatto che l’impatto dell’automazione sul lavoro varia anche da paese a paese, anche a seconda della struttura produttiva.