Grazie al Sincrotone di Grenoble i ricercatori hanno studiato una molecola sperimentale con un potenziale effetto neuroprotettivo per sintetizzare nuovi farmaci per la malattia di Alzheimer
Il mondo della ricerca è sempre in azione e spesso incontra anche quello della farmacologia: sintetizzare nuovi farmaci per curare le malattie più difficili guida i grandi sforzi di chi ogni giorno vive i laboratori di ricerca soprattutto per le difficili malattie neurologiche. In questi ultimi anni in particolare la comunità scientifica si sta concentrando sulla ricerca di nuovi farmaci neuroprotettivi, capaci di prevenire o rallentare la progressione di patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer. Una nuova tecnica di indagine permette ora di osservare tridimensionalmente i neuroni e le loro strutture intracellulari con un altissimo dettaglio, studiando le alterazioni causate dalla malattia e, di conseguenza, osservando su modelli sperimentali l’effetto protettivo di nuove molecole.
Una collaborazione internazionale che utilizza il Sincrotone di Grenoble
L’uso di questa tecnologia, e le sue capacità di individuare danni neuronali e potenziali effetti di farmaci, sono al centro di una ricerca condotta in collaborazione dai ricercatori dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), dell’European Synchrotron Radiation Facility (ESRF) di Grenoble, Francia, dell’Università di Monaco, Germania, e dell’Università di Milano Bicocca. Lo studio, pubblicato sulla rivista European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging, ha utilizzato particolari raggi X prodotti da elettroni che viaggiano a velocità relativistiche all’interno di grandi acceleratori circolari di particelle chiamati sincrotroni.
Parola al ricercatore che guida lo studio
L’anello di 844 metri di diametro dell’ESRF di Grenoble, con il quale ricercatori Neuromed collaborano da oltre un decennio, è al centro di queste ricerche. “Le radiazioni X prodotte dal sincrotrone – dice il professore Giuseppe Battaglia – ci offrono l’opportunità di studiare i tessuti, quelli nervosi nel nostro caso prelevati da modelli sperimentali, con una risoluzione che si avvicina a quella del microscopio elettronico. Ma, a differenza di quest’ultimo, per usare la radiazione del sincrotrone non è necessaria la complessa e laboriosa preparazione dei campioni: i tessuti vengono semplicemente posti sotto il fascio di raggi X.
È così che, grazie alla risoluzione di 0,1 µm (un decimillesimo di millimetro, ndr), riusciamo a vedere, anche tridimensionalmente, le varie strutture intracellulari e, cosa fondamentale, possiamo studiare le caratteristiche dei neuroni colpiti da patologie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer. Con questa tecnica abbiamo potuto studiare, su modelli animali, una molecola sperimentale con un potenziale effetto neuroprotettivo. L’altissima risoluzione delle immagini, insieme alla tridimensionalità, ci ha permesso di evidenziare effetti della molecola che non si sarebbero potuti evidenziare con le classiche metodologie analitiche.
Questi dati ottenuti con l’utilizzo di radiazioni X da sincrotrone sono molto incoraggiantiperché ci dicono che possiamo studiare con maggiore efficienza gli effetti di nuove molecole neuroprotettive candidate a diventare farmaci, accelerandone il processo di identificazione”.
Per leggere direttamente lo studio: https://doi.org/10.1007/s00259-022-05896-5