Al 31 dicembre 2020 i pensionati italiani erano 16 milioni. La categoria più numerosa è rappresentata dalle pensioni di anzianità / anticipate (30,9%), seguite da quelle di vecchiaia (24,5%), ai superstiti (20,5%), agli invalidi civili (15,3%), di invalidità previdenziale e sociali (rispettivamente 5% e 3,9%): sono alcuni dei dati ricavati dal rapporto annuale di attività INPS per l’anno 2020
Una misura sperimentale di Quota 100 ha permesso a 180.000 uomini e 73.000 donne di andare in pensione prima negli anni del 2019-20, per lo più con un alto reddito dal settore pubblico. Tuttavia, in termini di ricambio generazionale della forza lavoro, la Quota 100 non ha comportato il contemporaneo ingresso di giovani lavoratori nel mercato. L’Opzione Donna ha consentito 35.000 prepensionamenti nel biennio 2019-2020, questa volta per lo più a persone a basso reddito o contributi taciti, senza versamenti nell’anno precedente.
A fine anno si concludono le sperimentazioni con la Quota 100, riproponendo uno scalone di 5 anni per uscire dal mondo del lavoro. Negli ultimi mesi il Governo ha ricevuto proposte da varie fonti, tra cui l’INPS. Pertanto, dal punto di vista della riforma delle pensioni, il Rapporto annuale elabora tre proposte:
- Quota 41 anni per tutti: è la più costosa (da 4,3 miliardi di euro nel 2022 a 9,2 miliardi a fine decennio, pari allo 0,4% del PIL);
- Pensione contributiva a 64 anni con 36 di contributi: è meno onerosa (da 1,2 miliardi, con un picco di 4,7 miliardi nel 2027) e più equa in termini intergenerazionali, meglio sostenibile dal 2035;
- Anticipazione della quota contributiva della pensione a 63 anni (rimanendo ferma a 67 la quota retributiva): l’impegno di spesa parte da 500 milioni nel 2022 fino al picco nel pari a 2,4 miliardi di euro.
Nel lungo periodo, secondo il rapporto dell’INPS, queste proposte porteranno a riduzioni della spesa pensionistica rispetto alla normativa vigente, con implicazioni diverse per i conti pubblici. Come sappiamo, il dibattito tra governo e parti sociali è attualmente in stallo, in attesa della prima tornata di riforme già delineata dall’esecutivo Draghi: ammortizzatori sociali a luglio, Irpef e detrazioni fiscali alla fine dell’anno. Per quanto riguarda la riforma delle pensioni, è probabile che venga rimandata al 2022, eventualmente con l’adozione dei necessari provvedimenti di legge al di fuori della manovra economica del prossimo anno, misure minime che renderanno più graduale e progressivo lo scioglimento della Quota 100.