Contro i simboli della cultura capitalista la Corea del Nord dice “No”
Ultime da Pechino e in particolare della Corea del Nord che ha lanciato una vera e propria guerra contro i simboli della cultura capitalista. Ad essere sotto accusa non solo slang, jeans attillati, tagli di capelli e film stranieri ma anche e soprattutto le soap opera sudcoreane.
La Corea del Nord prende le distanze dalla cultura capitalista in modo duro e repentino, attraverso una nuova legge varata di recente per neutralizzare le minacce del “pensiero reazionario” dal Partito dei Lavoratori. chi violerà questa legge sarà punito, come è già capitato a tre giovani costretti ad un campo di rieducazione per aver indossato pantaloni alla caviglia e per aver imitato dei gruppi K-Pop provenienti dalla Corea del Sud e idoli di tanti giovani.
Kim Jong-un (un politico, militare e dittatore nord coreano e secondo figlio del celebre Kim Jong-il dittatore dal 1941 al 2011) ha scritto di suo pugno lo scorso mese una lettera alla Lega della gioventù, riportata dal Rodong Sinmun. L’obiettivo della missiva era quello di reprimere “comportamenti sgradevoli, individualisti e antisocialisti” tra i giovani per fermare la diffusione del linguaggio straniero, delle acconciature e dei vestiti di una cultura che non è quella della Corea del Nord e che sono descritti dal politico come “pericolosi” e dei veri e propri “veleni” in grado di corrompere il popolo e la società della Corea del Nord, alterandone i costumi e uccidendo secoli di tradizioni.
Kim Jong-un ha quindi messo al bando i jeans attillati e pratiche, come il piercing e linguaggi giovanili impropri ritenuti simboli dello stile di vita capitalista. Ma questa forse non sarà l’unica iniziativa messa in campo da questa guida politica.
Il suo monito: “è necessario quindi fare di più per impedire alla cultura capitalista di conquistare il Paese”.