Green pass: un datore di lavoro ha licenziato un dipendente non vaccinato

Di Antonia De La Vega 2 minuti di lettura

Mentre le discussioni sul Green Pass per i dipendenti sono sul tavolo del governo, in un incontro tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e i segretari dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, la sentenza del tribunale romano è favorevole al datore di lavoro che ha licenziato dal lavoro un dipendente non vaccinato che un medico competente considerava inadeguato allo svolgimento delle funzioni assegnategli.

La sentenza tratta un caso specifico, mentre il dibattito ruota intorno all’ipotesi di imporre un impegno del Green pass nei luoghi di lavoro, al momento non previsto. Il Green Pass Obbligatorio nei luoghi di lavoro è stato avviato da Confindustria a favore della sua attuazione con possibile degrado o sospensione del pagamento. Il presidente Carlo Bonomi ha infatti sottolineato che Viale dell’Astronomia non ha mai richiesto in azienda l’obbligo del vaccino e nemmeno l’applicazione unilaterale di altri obblighi. Intanto ci sono spazi aperti anche sul fronte sindacale. Il numero uno della Cgil, Maurizio Landini, esprime la posizione dell’intermediario: “non siamo contro” il Green Pass in azienda, ma “non deve diventare uno strumento per licenziare, degradare o discriminare i lavoratori”.

Il 2 agosto il presidente del Consiglio ha incontrato i leader confederali Maurizio Landini (CGIL), Luigi Sbarra (CISL) e Pierpaolo Bombardieri (UIL) il 2 agosto per consultarli in merito. “Abbiamo chiarito che esiste un accordo di sicurezza firmato dalle parti sociali e attuato per decreto sull’obbligatorietà dei vaccini e del green pass”, e che “ogni tentativo di modificare questo accordo richiede una legge”, spiega Bombardieri, proseguendo: “Siamo vaccinati, sostenitori del “pass verde” per il tempo libero, ma il diritto alla salute e il diritto al lavoro sono due principi garantiti dalla Costituzione, su cui bisogna intervenire con molta delicatezza, senza ricorrere alla coercizione da entrambe le parti”. In ogni caso, la posizione dei sindacati resta chiara: l’introduzione dell’obbligo richiede una legge, che in nessun caso dovrebbe prevedere il licenziamento o anche semplicemente la retrocessione in alternativa al vaccino, ed essere anche discriminatoria.

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