Giustizia: approvata dal Consiglio dei ministri la riforma voluta dal Ministro Nordio

Di Stefano Trevisan 3 minuti di lettura
Giustizia

Il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma della giustizia proposta dal ministro Carlo Nordio, che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri (pm), l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (Csm), e la creazione di un’Alta Corte disciplinare. L’Associazione nazionale magistrati ha espresso preoccupazione e si riunirà per discuterne i dettagli.

Separazione delle carriere e ruolo del pm

La riforma separa nettamente le carriere di giudici e pm, eliminando la possibilità di passaggio tra le due funzioni, misura sostenuta da Forza Italia. Questo cambiamento mira a garantire una maggiore indipendenza e specializzazione all’interno del sistema giudiziario, dove il ruolo del pm rimarrà indipendente e non sarà soggetto alle direttive del governo, mantenendo l’autonomia funzionale.

La riforma prevede la creazione di due distinti Csm, uno per i giudici e uno per i pm, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica. Una novità significativa è l’introduzione del sorteggio secco per la selezione dei membri, sia magistrati in servizio che componenti laici. Questi ultimi saranno sorteggiati tra professori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esperienza, scelti dal Parlamento in seduta comune.

Alta Corte disciplinare e nuove modalità di accesso

Un’altra innovazione della riforma è l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare, composta da quindici membri, tra cui professori universitari, avvocati e magistrati con almeno vent’anni di esperienza. Questa Corte avrà la competenza sugli errori e i comportamenti dei magistrati, funzione attualmente svolta dalla sezione disciplinare del Csm.

Le modalità di accesso alla magistratura saranno determinate da una legge ordinaria successiva, che potrebbe introdurre concorsi distinti per giudici e pm. Dal 2026, sarà obbligatorio il test psicoattitudinale per i candidati magistrati, come previsto da un decreto delegato già varato.

La riforma non modifica l’articolo 112 della Costituzione, mantenendo l’obbligatorietà dell’azione penale e come previsto dalla riforma Cartabia, il Parlamento potrà stabilire i criteri di priorità per i reati da perseguire, indirizzando così le risorse investigative e giudiziarie verso i crimini considerati più gravi o urgenti.

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