Il suolo garantisce servizi ecosistemici essenziali per la nostra vita, la nostra sicurezza e lo sviluppo della nostra economia: il Rapporto ISPRA 2022 sul consumo di suolo evidenzia però come in Italia si continuino a perdere 2 metri quadrati di suolo al secondo. Nel 2021 sono stati persi in media 19 ettari di suolo al giorno, il più grande degli ultimi 10 anni. Il 5 dicembre, Giornata Mondiale del Suolo, il WWF Italia lancia l’allarme: ad oggi sono stati cementificati 21.500 chilometri quadrati di suolo italiano, e le sole costruzioni coprono 5.400 chilometri quadrati, una superficie pari alla Liguria.
Dalla produzione agricola alla produzione di legname, dallo stoccaggio del carbonio al controllo dell’erosione, dall’impollinazione alla regolazione del microclima, dalla rimozione di particolato e ozono alla disponibilità e purificazione dell’acqua, alla gestione del clima per ciclo idrologico, vengono offerti una moltitudine di servizi per lo strato superficiale del pianeta. Nonostante queste importantissime funzioni, il suolo continua ad essere invaso, impermeabilizzato e cementato a livelli impressionanti, tanto che il suo consumo è considerato uno dei fenomeni più allarmanti nei paesi sviluppati e, in particolare, nel nostro. Come evidenzia il rapporto, il suolo perso in Italia dal 2012 ad oggi si infiltrerebbe in oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana, che, lasciati su superfici impermeabilizzate con asfalto e cemento, non possono più essere reintegrati dalle falde acquifere. Il pericolo idraulico dei nostri territori, a seguito del quale 438 persone sono morte in Italia tra il 2000 e il 2019 (fonte CNR-Irpi).
Il degrado del suolo ha un impatto diretto sulla biodiversità
Ma non è tutto: il consumo di suolo porta alla distruzione e alla frammentazione degli habitat naturali, con un impatto significativo anche sulle specie. Mentre la distruzione dell’habitat causata dal consumo di suolo ha un impatto diretto e immediatamente osservabile, la frammentazione è meno evidente ma non meno grave e i suoi effetti possono richiedere del tempo per manifestarsi in media. Sempre secondo il rapporto ISPRA 2022, quasi il 45% del territorio del Paese è classificato come aree ad alta o altissima frammentazione. Questo processo contribuisce ad aumentare il tasso di estinzione su scala globale, tanto che la frammentazione dell’ambiente naturale è considerata una delle principali minacce alla diversità biologica. Riduce infatti la mobilità delle specie e lo scambio genetico, pregiudicando la vitalità delle popolazioni naturali nel medio termine e rendendole più suscettibili all’impatto negativo dei fenomeni locali. E tutto questo, peraltro, in un momento storico in cui il riscaldamento globale costringe le specie a muoversi alla ricerca di migliori condizioni fisico-chimiche: spostamenti che, però, di fronte alla frammentazione diventano più difficili, se non impossibili.