Una conoscenza completa della biomeccanica umana è utile per allenare gli atleti in modo più efficace. Dal punto di vista biomeccanico, lo sprint è una sfida rispetto alla camminata e alla corsa di resistenza, il che lo rende un’area di ricerca intrigante. Inoltre, una comprensione biomeccanica dettagliata degli arti dei velocisti può essere utile per un allenamento più efficace dei velocisti e per migliorare la nostra comprensione delle prestazioni motorie umane in generale.
Precedenti studi hanno rivelato che i velocisti hanno uno sviluppo muscolare disomogeneo, con flessori dell’anca ben sviluppati, estensori e muscoli situati nella parte prossimale della coscia. La muscolosità nei velocisti corrisponde bene alle richieste muscoloscheletriche per lo sprint, il che può essere un aspetto positivo nei fattori legati alla forza. Allo stesso tempo, però, le differenze morfologiche comporterebbero differenze nella distribuzione delle masse e, quindi, nella manovrabilità. Gambe più muscolose porterebbero a una massa maggiore e, a sua volta, a una speculazione generale sul compromesso tra maggiore capacità di sforzo di coppia e maggiore difficoltà nel movimento dell’arto inferiore.
Ciò solleva una domanda interessante: in che modo i velocisti bilanciano la forza muscolare e i movimenti rapidi? Contestualmente, non si sa molto sulla manovrabilità delle gambe dei velocisti dal punto di vista inerziale. Questa lacuna di conoscenza ha attirato l’attenzione di un gruppo di ricerca guidato dal professor Yasuo Kawakami della Facoltà di scienze dello sport, Università di Waseda, che, insieme ai suoi colleghi Hoshizora Ichinose della Nihon University e al dottor Natsuki Sado dell’Università di Tsukuba, ha studiato la morfologia delle gambe degli atleti da una prospettiva inerziale.
“Come ex atleti, siamo stati interessati alla rilevanza del corpo umano nello sport. Gli atleti si allenano duramente, ma in molti casi non sanno come il loro corpo risponde specificamente all’allenamento. Volevamo affrontare questo problema e aiutare nello sviluppo di strategie di allenamento efficaci”, afferma Kawakami, spiegando la motivazione alla base del loro studio.
Nel loro studio, i ricercatori hanno analizzato le scansioni MRI separate da grasso e acqua di 11 velocisti maschi, tutti atleti allenati con una carriera che dura da più di 7 anni, e 12 maschi non velocisti, individui che non si erano sottoposti ad allenamenti di resistenza o praticavano sport all’interno del due anni precedenti al momento dello studio. Confrontando le caratteristiche della risonanza magnetica, hanno scoperto che i velocisti avevano una massa relativa degli arti inferiori maggiore rispetto ai non velocisti. Questo aumento della muscolosità, a sua volta, ha aiutato la produzione di energia durante la corsa. Questi risultati sono stati pubblicati su Medicine & Science in Sports & Exercise. Per comprendere il compromesso tra coppia articolare e manovrabilità del segmento, i ricercatori hanno ulteriormente calcolato il momento di inerzia degli arti inferiori attorno all’anca. Questo confronto ha rivelato che il momento di inerzia non differiva tra velocisti e non velocisti, suggerendo quindi che l’aumento della muscolatura non compromette la manovrabilità degli arti inferiori nei velocisti.
Confrontando le diverse parti degli arti inferiori tra velocisti e non velocisti, i ricercatori hanno scoperto che mentre la massa relativa delle cosce differiva tra velocisti e non velocisti, le masse relative della tibia e del piede non variavano. I ricercatori concludono quindi che queste caratteristiche superiori pesanti e inferiori leggere degli arti velocisti li aiutano a eseguire movimenti atletici con facilità, a giudicare da una prospettiva inerziale.
Questo nuovo studio fa luce sulle caratteristiche uniche degli arti inferiori dei velocisti. I risultati saranno utili per lo sviluppo di nuove strategie di formazione. Sulla base delle loro scoperte, cosa suggeriscono i ricercatori agli atleti e agli allenatori per un allenamento più efficace? Kawakami commenta: “I velocisti possono concentrarsi sull’allenamento dei muscoli degli arti inferiori senza preoccuparsi dell’aumento di massa associato alla muscolosità degli arti inferiori indotta dallo sprint e della conseguente difficoltà di movimento a causa del maggiore momento di inerzia. Questa strategia aiuterà a bilanciare la potenza della corsa e l’arto movimenti”.
Fonte della storia:
Materiali fornito da Università di Waseda. Nota: il contenuto può essere modificato per stile e lunghezza.
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