Abbiamo letto in questi giorni che 1 comune su 8 è in dissesto finanziario ma quante istituzioni in Italia sono in difficoltà oggi? Approfondiamo la fotografia di un Italia dai conti in rosso
Secondo il rapporto Csel/Adnkronos, al 31 dicembre 2020, erano 683 gli enti dissestati in Italia. Localizzati per lo più nel Mezzogiorno e prevalentemente in Calabria (con 193 comuni di default), seguita dalla Campania (173) e Sicilia (80).
Ad un passo dall’ambito podio il Lazio con 53 comuni in profonda crisi, seguito dalla Puglia con 46. Valle d’Aosta e Friuli guidano invece la classifica dei virtuosi, le uniche regioni italiane in cui, a quanto pare, nessuna organizzazione è crollata. Il Trentino ha solo un comune in pre-dissesto e la Sardegna 4 dissesti.
Da questa fotografia emerge che ad essere in crisi quasi 7 comuni su 10 sono localizzati in Calabria (279 su 411) e oltre il 40% in Campania (237 su 552) e comuni in Sicilia (163 su 390 ). Seguono: la Lombardia con 43 comuni in crisi ( il 2,7% del totale), Puglia e Lazio con 41 comuni, Abruzzo (36), Basilicata (34), Molise (32), Piemonte (20), Toscana (18), Emilia-Romagna e Marche (14) e Umbria (10). Il Veneto chiude la classifica con 4 (3 in dissesto e uno in riequilibrio), Sardegna (4) e il Trentino-Alto Adige con un solo comune in pre-dissesto.
L’analisi di Csel ricorda che l’oggetto della controversia è, nello specifico, le modalità con cui i comuni hanno contabilizzato gli anticipi di liquidità messe in campo dal “Decreto Sblocca debiti”. La norma, varata nel 2013 dal Governo Monti, fu introdotta per rispondere alle richieste di Bruxelles che sottolineava la necessità di ripianare i debiti delle pubbliche amministrazioni. Una manovra che a quanto pare non incontra più il favore della Corte Costituzionale.
All’epoca le stime dell’entità del debito complessivo della Pa verso le imprese oscillava tra 90 e 130 miliardi di euro (poi rivelatisi eccessive di circa il 30% rispetto all’effettiva entità). Quella norma e le sue successive hanno fatto sì che negli anni fossero stanziati oltre 11,450 miliardi, così ripartiti: 2013 – 3.411 milioni di euro; 2014 – 7.189 milioni di euro; 2015 – 850 milioni di euro.
Secondo la Corte costituzionale, questo continuo slittamento del rimborso del debito viola i principi della solidarietà intergenerazionale e del pareggio di bilancio. Occorre un ripristino più celere degli squilibri finanziari. Secondo la Corte stiamo “continuando ad addossare sulle spalle delle future amministrazioni e generazioni, debiti contratti in passato ed è dunque giunto il momento di spezzare questo circolo vizioso”.