Quasi tutto il gas che consumiamo in Italia, lo compriamo dall’estero, eppure il nostro Paese è ricco di gas
Nel 2021 il nostro Paese ha utilizzato 76,1 miliardi di metri cubi di gas, di questi solo 3,34 miliardi di metri cubi sono stati estratti dal nostro sottosuolo. In pratica, solo il 6% del gas che consumiamo è prodotto qui in Italia, il resto, ovvero il 94%, lo importiamo dall’estero.
Una scelta incomprensibile visto che tutti noi sediamo sopra un mare di gas. Noi di russi, americani e arabi non ne avremmo nemmeno bisogno: secondo le stime.
Nel sottosuolo italiano sono presenti 350 miliardi di metri cubi di gas naturale, valori che includono sia riserve già confermate che possibili
Se prendiamo in considerazione solo le riserve certe, parliamo di circa 90 miliardi di metri cubi di gas estraibili in tempi relativamente brevi. In Italia infatti ci sono 1.298 pozzi estrattivi di gas: di questi, 514 sono abitualmente utilizzati per l’estrazione, mentre 752 sono attivi ma inutilizzati, spenti. Nonostante là sotto ci sia tutto il gas di cui avremmo bisogno ogni anno. E così, quasi tutto il gas che utilizziamo arriva dalla Russia, dai Paesi del nord, da Libia, Algeria, dall’Azerbaijan. Uno spreco vero e proprio, di risorse e soprattutto di soldi. Basti pensare che l’estrazione del nostro gas ha un prezzo di soli 5 centesimi al metro cubo mentre importarlo dall’estero ce ne costa oltre 70.
I giacimenti italiani di gas e il loro declino
A portarci a questo, un lento declino iniziato circa 30 anni fa. A cavallo tra gli anni ‘90 e il 2000 la produzione nazionale di gas arrivò attorno ai 20 miliardi annui, circa 6 volte la quantità attuale. Il picco storico è stato nel 1994 quando l’estrazione casalinga copriva il 40% del fabbisogno nazionale, appunto quei 20 miliardi di metri cubi. Con il tempo, però, si sono progressivamente ridotti: siamo passati dai 9 miliardi del 2008 ai quasi 7 del 2015 per finire con i 3,34 miliardi del 2021.
Eppure i giacimenti in Italia, in particolare di gas, non si sono mai esauriti, sono distribuiti lungo tutta la lunghezza della penisola, sia onshore (su terra), che off-shore (a mare).
Dove è il gas in Italia? Dal Nord al Sud i nostri impianti potrebbero ripartire
L’Adriatico settentrionale è la provincia con le riserve accertate maggiori di gas metano ma negli anni la politica, l’ambientalismo, e i sostenitori del «no a prescindere» hanno fermato una macchina che oggi ci sarebbe estremamente utile.
Nella zona di Venezia le nostre piattaforme del gas sono ferme perché una legge, la n.133 del 2008, ne vieta l’estrazione. Stiamo parlando della subsidenza. Parola strana che forse pochi conoscono ma che in geologia vuol dire: movimento della piattaforma continentale o del fondo marino, che tende ad abbassarsi sotto il peso dei sedimenti che gli si accumulano sopra. In altre parole, estrarre gas dall’alto Adriatico avrebbe creato subsidenza, in altri termini un sprofondamento di Venezia. Secondo alcuni, trivellare in quelle zone avrebbe fatto sparire la Serenissima sotto il mare.
L’argomento è stato oggetto di lunghi dibattiti e accese controversie. I più grandi scienziati si sono sempre mostrati prudenti sull’argomento. Marcellino Tufo ha fatto sapere più volte che in effetti la subsidenza è un fenomeno che può interessare gli impianti di estrazione, ma non in misura tale da provocare un abbassamento del suolo a chilometri di distanza.
Una prova di tutto questo ce la danno i nostri vicini croati, che da oltre 20 anni estraggono il gas proprio da quei giacimenti che noi teniamo fermi per paura di far sparire Venezia.
E poi la Sicilia. A largo di Gela ci sono i giacimenti di Argo e Cassiopea, due pozzi del gas che da soli potrebbero produrre 10 miliardi di metri cubi ogni anno ma che sono ancora spenti nonostante siano stati scoperti quasi 20 anni fa. Ancora in stand by, perché mancano i tubi che colleghino i pozzi dal mare alla terra. Ad oggi si dice che potrebbero diventare operativi entro la prima metà del 2024 ma gli inciampi autorizzativi sono sempre dietro l’angolo.
L’Italia del gas, insomma, è ferma da nord a sud, dalla Sicilia fino all’alto mar Adriatico. E per il momento di riaccendere questa fiamma non se ne parla nemmeno. È vero, non sarebbe un processo breve ma sicuramente nel giro di qualche mese molti pozzi potrebbero essere riattivati. Se a questo si aggiungesse la manutenzione di quelli esausti, nel giro di 18-24 mesi la produzione nazionale di gas potrebbe salire a circa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Eppure il mondo politico non sembra considerare l’opzione.