Una ricerca che pone al centro il dolore cronico, una condizione clinica invalidante che ha un profondo impatto per la vita delle persone. Lo studio ha come obiettivo la ricerca di nuove terapie farmacologiche
Il dolore può resistere a terapie standard, come gli antidolorifici che non sempre sono sufficienti a combatterlo. Una nuova prospettiva viene ora da uno studio condotto dal Laboratorio di Neurofarmacologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), uno degli istituti di ricerca e cura a carattere scientifico del Belpaese. I ricercatori molisani, studiando modelli animali, hanno individuato un elemento cruciale nei processi nervosi alla base del dolore cronico. Si tratta delle reti perineuronali, strutture extracellulari composte di proteine e carboidrati che formano una specie di rivestimento attorno ai neuroni. Queste reti, con la loro capacità di “avvolgere” le cellule nervose, hanno una funzione di stabilizzazione delle sinapsi, i punti attraverso i quali i neuroni comunicano tra loro. In questo modo giocano un ruolo cruciale, ad esempio, nella fissazione delle memorie e nella capacità del cervello di essere più o meno “plastico”, capace cioè di adattarsi.
La ricerca condotta al Neuromed, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Neuroscience, ha messo in evidenza che nel dolore cronico le reti perineuronali di specifiche aree cerebrali sono più spesse. In altri termini, aumentando la loro densità fissano memorie, in questo caso memorie dolorose che continuano ad essere attive.
Giada Mascio afferma: “ L’aumento di densità delle reti perineuronali che abbiamo osservato nella corteccia somatosensoriale e in quella prefrontale mediale ci mostra che il dolore cronico si associa a una specie di stabilizzazione dei percorsi nervosi in quelle aree cerebrali. Praticamente un circuito fisso, con connessioni nervose che continuano a generare sensazioni dolorose persino quando la causa che le ha generate è scomparsa. Abbiamo allora provocato una degradazione farmacologica delle reti perineuronali. In questo modo ridiamo plasticità al sistema nervoso, lo ‘sblocchiamo’ potremmo dire. Il risultato che abbiamo ottenuto è che lo stimolo doloroso scompare. Naturalmente siamo solo agli inizi, e saranno necessarie ulteriori ricerche, ma pensiamo che questa sia una strada promettente verso lo sviluppo di farmaci innovativi”.
Il professor Ferdinando Nicoletti, responsabile dell’Unità di Neurofarmacologia afferma: “Oltre al valore di questo studio nel cercare una soluzione per un problema grave come il dolore cronico i risultati hanno un altro aspetto che ritengo importante: le reti perineuronali possono essere strutture dinamiche, non sono fisse per sempre. Significa che il cervello mantiene, o può essere spinto a riconquistare, una plasticità che lo rende capace di adattarsi a situazioni nuove anche in età adulta, contrariamente alle ipotesi precedenti che lo vedevano ‘bloccato’ dopo il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza”.
maggiori dettagli sulla rivista scientifica: https://doi.org/10.1523/JNEUROSCI.1714-21.2022