Dividendi azioni estere: ecco come evitare la doppia tassazione

Di Redazione FinanzaNews24 5 minuti di lettura
Economia

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Quando si acquista un’azione di una società, spesso si incassano redditi periodici che prendono il nome di dividendi. Ciò avviene quando l’emittente del titolo che si possiede decide di remunerare gli azionisti distribuendo una quota sul numero delle azioni. Ad esempio, se si detengono 1.000 azioni ENI e il Consiglio di Amministrazione dell’azienda delibera di distribuire un dividendo annuo di 0,10 euro per azione, ogni anno si riceveranno 10 euro.

Il dividendo è un reddito di capitale, nel senso che dà diritto a una prestazione certa. La certezza non significa che si conosce a priori l’importo che verrà corrisposto, ma vuol dire che lo strumento possiede un diritto implicito. Ciò distingue il reddito da capitale dal reddito diverso come la plusvalenza. Quest’ultima risulta dalla differenza, se positiva, tra il prezzo di vendita (di rimborso) di un titolo e quello di acquisto. Per definizione, la plusvalenza non dà luogo a una prestazione certa in quanto non è un diritto intrinseco ma scaturisce dalle condizioni di mercato.

Dividendo: la tassazione in Italia

Sia sulla plusvalenza che sul dividendo in Italia si paga una tassazione del 26%, ma con un’importante differenza. Nell’ambito del calcolo della base imponibile su cui applicare l’imposta, dalla plusvalenza è possibile sottrarre eventuali minusvalenze subite nei quattro anni precedenti per strumenti finanziari dello stesso tipo. Dal dividendo non è possibile decurtare nulla, nemmeno le minusvalenze subite per titoli azionari. La tassazione avviene tramite ritenuta alla fonte applicata dalla società, quindi l’importo che si percepisce dal dividendo sarà netto.

Ad esempio, se si ha diritto a un dividendo di 100 euro per le azioni ENI possedute, come nell’esempio di cui sopra, la somma che viene accreditata sul proprio conto corrente sarà di 74 euro (100 – 26% su 100). La tassa di 26 euro viene versata solitamente dalla banca su cui si è aperto un conto titoli e che fa da intermediario.

Questo perché di norma con l’istituto di credito si è contrattualmente stabilito un regime amministrato, per cui è la banca che versa le tasse sul dividendo al posto del percettore e accredita il netto. Si ha però la possibilità di optare per il regime dichiarativo, grazie a cui si riceve in conto l’importo lordo del dividendo (100 nell’esempio) e poi si ha l’obbligo di denunciare tutto in sede di dichiarazione dei redditi applicando l’imposta del 26%.

Dividendi esteri: come funziona la doppia tassazione

Il grande problema dei dividendi che tormenta molti azionisti riguarda la tassazione quando le azioni non sono relative a società italiane ma di diritto straniero. In tal caso si paga l’imposta nel Paese in cui la società risiede. Il punto è che poi sul netto percepito si dovrà versare al fisco italiano anche il 26%. Si ha quindi una doppia tassazione della cedola.

Ad esempio, se si è proprietari di azioni Volkswagen, il dividendo ottenuto è al netto della tassazione del 25% che vige in Germania. Supponendo che il dividendo lordo sia di 100, sui 75 euro netti ricevuti verrà applicata l’imposta del 26% in Italia, quindi 19,5 euro. Alla fine, tra l’erario tedesco e quello italiano saranno trattenuti 44,5 euro su 100 euro (44,5%). Lo stesso vale per una società italiana ma di diritto straniero come ad esempio Stellantis, che ha sede in Olanda. A quel punto, non si pagherà il 26% sul dividendo distribuito da Stellantis, ma il 37,1% considerando il 15% di tassazione stabilita nei Paesi Bassi.

Quindi, prima di scegliere un’azione straniera seguendo la politica dei dividendi della società, bisogna prestare attenzione a quanto ammonta la tassazione delle cedole nel Paese di appartenenza. Sotto questo aspetto, le azioni più convenienti sono quelle di società di diritto australiano e britannico, in quanto in Australia e in Gran Bretagna l’imposta sul dividendo è pari a zero.

Dividendi azione estere: evitare la doppia tassazione si può

Subire una doppia tassazione non è giusto ed è possibile evitarla. Tuttavia, il processo non è semplice e spesso non è conveniente. Esistono delle convenzioni internazionali tra i Paesi che stabiliscono la procedura da adottare, che non è affatto snella. La burocrazia è farraginosa perché i dividendi pagati da una società confluiscono attrave


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